Continua la mia personalissima visione del festival con altri occhi. E' il momento di indagare sugli anni '80, gli anni del rampantismo, gli anni del nuovo boom economico, gli anni della Milano da bere in tutti gli spot ed in tutti i film, gli anni della pubblicità ovunque, dell'invasione delle televisioni commerciali.
Col senno di poi possiamo dire che in realtà sono stati anni catastrofici e se siamo nella cacca fino al collo in questo momento è perchè proprio negli anni '80 la situazione ci è sfuggita di mano.
Però si stava da Dio, sono stati gli anni della mia infanzia, me li sono goduti in pieno e ci penso sempre con piacere, viva gli anni'80!
La musica degli '80 è stata qualcosa di pazzesco, ma non perchè fosse migliore rispetto ad altre annate, ma perchè forse la si cominciava a fruire in maniera diversa, forse maggiore, alla portata di tutti. La radio pullulava di stazioni libere ad ogni scatto della manopola, tutti avevamo un cugino o un amico dell'amico che lavorava in radio e ti doppiava la cassetta con i pezzi del momento, poi c'era la mania dei video, finita la scuola subito dopo pranzo di corsa nella stanzetta a guardare Deejay Television, così che anche un ragazzino delle elementari come ero io all'epoca sapeva tutto di tutto dei Duran Duran o dei Depeche Mode.
Ed è proprio in quegli anni che il festival per me è diventato una tradizione, tre serate davanti alla TV, ed alla domenica, quando finalmente le potevano passare per radio, tutti pronti con il registratore e la cassettina a registare le canzoni che passavano sperando che lo speaker non ci parlasse sopra.
Adesso, posso assicurarvi che c'è gente che ha già scaricato le canzoni prima ancora che iniziasse il festival, senza nessuna soddisfazione...
Il festival ovviamente ha cercato di adeguarsi a quello spirito, erano i grandi show condotti quasi sempre dal Pippo nazionale, i più grandi artisti internazionali facevano a gara per andare ad esibirsi, rigorosamente in playback, sul teatro dell'Ariston, e c'erano mille manifestazioni collaterali, ogni tv passava special dal pomeriggio fino all'inizio della serata, rigorosamente con la sigla dell'Eurovisione come con le partite dell'Italia.
Chi si può dimenticare di Peter Gabriel che saltava sopra il pubblico impomatato cantando "Shock the monkey" o dei Queen, minchia i Queen, che cantavano "Radio GaGa"? E delle milioni di ragazzine fuori dal teatro nottate intere aspettando che Simon LeBon ed i Duran Duran facessero una prova? In quei tempi ne eri per forza attratto, forse anche per questo tutt'oggi, pur essendo avverso alla maggior parte dell musica che propongono al festival, io continuo impeterrito a guardarlo, e chissà quanti come me sono stati condizionati da questa tendenza giovanile.
Il festival cominciò ad adeguarsi, nel 1980 fu chiamato alla conduzione un trio davvero improbabile, il noto Dj Claudio Cecchetto, l'attrice Olimpia Carlisi ed un giovane comico emergente che segnerà la storia del festival: Roberto Benigni.
Le sue battute imbarazzarono e non poco la RAI, la più nota, quando con un eufemismo tipicamente toscano, chiamò il Papa "Woytilaccio", espressione che scatenò un putiferio, ma che in Toscana in realtà è molto amorevole, ma vallo a spiegare ai bigotti delle altre 19 regioni...e fece scalpore anche il lungo bacio che Benigni assestò alla sua collega contro ogni parere della direzione. In gara c'erano già le basi per quella che sarebbe stata la musica italiana del decennio, con Toto Cutugno a vincere ed il giovane Pupo a sbancare le classifiche musicali, ma nella lista dei partecipanti, una canzone che farebbe fatica a trovare spazio anche oggi dopo più di trent'anni: "Voglio l'erba voglio" di Francesco Magni, cantautore ovviamente scomparso dopo quell'interpretazione.
L'anno dopo, per non ripetere lo sbaglio dell'anno precedente, il comico chiamato ad appoggiare il confermatissimo Claudio Cecchetto fu Massimo Troisi, ma che si ritirò last minute dopo la pretesa della RAI di censurare i suoi interventi. Il 1981 il pezzo più famoso fu la sigla, ideata dal presentatore per l'occasione, il nonplusultra degli anni '80, la mitica "Gioca jouer",ma fu un anno pieno zeppo di grandsi successi radiofonici che ancora adesso sentiamo nelle serate trash a tema, e che hanno visto trionfare Alice con "Per Elisa" e l'esrodio boom di Fiorella Mannoia con "Caffè nero bollente", insomma, nessuno può lamentarsi della qualità di certe interpreti. Nel 1982 sempre con Cecchetto alla conduzione, per evitare problemi si scelse di non affiancare comici ospitandone ogni sera uno diverso e facilemente malleabile, anche da questo festival vennero fuori tante di quelle canzonette anni'80 da serata estiva, la storia che mi ha fatto più impressione è stata quella di Mia Martini, di lei pensavano tutti portasse sfiga, solo per questa ignobile ignoranza fu esclusa da ogni manifestazione e da ogni contratto discografico, fino a quando non fu imposta la sua presenza dall'organizzazione, lei portò una bellissima canzone di Fossati "E non finisce mica il cielo", non vinse, ma per lei fu istituito un premio apposito, il premio della critica, che dopo qualche anno e dopo la sua scomparsa, porterà direttamente il suo nome. Indimenticabile è stata anche l'interpretazione di un giovane cantautore emiliano, contro tendenza e certamente poco festivaliero, ma che diventò un mito da qual momento in poi, si chiamava Vasco Rossi e con "Vado al massimo" vendette milioni di dischi pur arrivando penultimo: da qual momento in poi si concretizzò la regola che di solito chi arriva fra gli ultimi, vende molto più dei primi, un pò come dare ragione a chi pensava alle giurie piene di signore bigotte. All'inizio del post vi dicevo di come le star internazionali non si fecero problemi a salire sul palco dell'Ariston, in questa edizione, fra i tanti, addirittura Kiss e Van Halen, niente male davvero.
Nel 1983 nonostante i dischi venduti, Vasco continuò ad arrivare penultimo, ma "Vita spericolata" fu un inno generazionale, di un festival che sfornò anche il più grande successo nazionalpopolare della storia, "L'italiano" di Toto Cutugno e che vedeva esibirsi i partecipanti in playback ed addirittura in inglese. Il premio della critica lo vinsero i Matia Bazar, lontani parenti del gruppeto da festa in piazza di oggi, "Vacanze romane" fu un capolavoro.
Il 1984 fu l'anno del grande ritorno di Pippo Baudo alla conduzione anche se io lo ricordo come l'anno dei Queen che a mio avviso oscurarono tutto il resto della musica presente. La verà novità di quell'anno fu quella di separare le canzoni in due gruppi, quello dei Big e quello delle Nuove proposte.
Il 1985 fu l'anno della musica inglese a Sanremo, ospiti come Duran Duran, Spandau Ballet, Bronski Beat, Frankie goes to Hollywood, fecero impazzire i ragazzi dell'epoca che come vi avevo già accennato fecero notatte intere ad aspettare dietro al teatro, tanto che dovettero intervenire le forze dell'ordine. Le regazzine più bigottelle si fecero ammaliare dal messicano Luis Miguel che cantava "Noi ragazzi di oggi", nel cast anche questa volta il penultimo sbancò il botteghino: la canzone "Donne" di Zucchero, vi dice niente?
Il 1986 lo ricordo come se fosse ieri, i miei preferiti all'epoca così come adesso, furono i Righeira con "Innamoratissimo" vestiti strambi ma davvero con una marcia in più, curiosa fu la gara dentro la gara, quando cioè otto trai più grandi cantanti internazionali presentarono i loro video inediti pronti a farsi giudicare dalla stampa italiana, con David Bowie come vincitore assoluto.
Nel 1987 fecero le cose talmente in grande con gli ospiti stranieri che per lasciare più spazio al pubblico giovane crearono una tensostruttura apposita chiamat Palarock, che ospitò Paul Simon, Bangles, Tom Robinson, Cutting Crew, Spandau Ballet, Level 42, Bob Geldof, Simply Red, Erasure, Frankie goes to Holliwood, Nick Kamen, Pet Shop Boys, the Smiths, Europe, Style Council, Duran Duran e gli Eight Wonder di Patsy Kensit, famosa per la spallina caduta che la lasciò a seno nudo per tutta l'esibizione per la gioia di noi ragazzini brufolosi. Al festival fu l'anno di "Si può dare di più" di Tozzi, Ruggeri e Morandi, con il premio della critica consegnata ad un'ispiratissima Fiorella Mannoia e "Quello che le donne non dicono". Nel 1987 si presentò in gara Francesco Nuti, noto comico che però parve più ispirato di tanti cantanti veri, la sua "Sarà per te" fu poi intepretata da Mina riscuotendo un notevole successo, per noi siculi fu mitica la partecipazione del più grande gruppo rock siciliano, i Denovo che cantarono "Ma che idea". Si continuò a puntare sul palarock che questa volta ospitò Paul McCartney, Whitney Houston, Michael Stipe dei R.E.M., David Coverdale, Chris Rea. Belinda Carlisle, Rick Astley, Bryan Ferry, Joe Cocker, Art Garfunkel, Robbie Robertson, Terence Trnt D'Arby, Manatthan Transfer, A-Ha, Eight Wonder, Suzanne Vega, Shirley Bassey, Spagna, George Harrison, Wet Wet Wet, Black, Debbie Gibson, Little Steven, Johnny Hates jazz, Guesh Patti e gruppi rock del calibro di Def Leppard e Bon Jovi. Un tale livello di ospiti internazionali rischiò di mettere in secondo piano il cast dei partecipanti, per questo dall'anno successivo, dal 1989, si tornò di nuovo tutti all'Ariston, ma anche questa volta il folto cast di ospiti finì col prendere il sopravvento sui partecipanti, dei quali ricordiamo con simpatia quello che fu all'epoca l'idolo dei ragazzini e che adesso è forse il maggior cantante italiano, ovverò Jovanotti che cantò "Vasco" canzone che oggi come allora, non si poteva sentire. Il successo fondamentale di quell'annata fu della compianta Mia Martini con "Almeno tu nell'universo".
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venerdì 17 febbraio 2012
mercoledì 15 febbraio 2012
Anche un Cicciologo guarda Sanremo - parte 4: una stella tra gli anni bui (Rino Gaetano al festival)
Gli echi delle rivoluzioni mondiali si sa, da noi arrivavano sempre con qualche anno di ritardo. Dopo il '68 nel mondo fu molto forte il movimento femminista, al quale in Italia si guardava sempre con diffidenza e timore, per questo, ancora una volta, Celentano scelse di cavalcare la controtendenza, ed in coppia con la moglie Claudia Mori, vinse Sanremo del 1970 con l'inno "Chi non lavora non fa l'amore", mi credete se vi dico che al giorno d'oggi quasi nessuno ha capito il senso di questa canzone? Gli organizzatori lo capirono eccome, forse troppo tardi, per questo decisero dalla successiva edizione, quella del 1971 di censurare parecchi testi obbligando gli autori a modifiche strutturali delle loro canzoni, rischiando seriamente di comprometterne il senso. La vittima più celebre fu Lucio Dalla, arrivato quasi inosservato al suo terzo festival che aveva portato una canzone dal titolo "Gesù bambino", che per il festival si trasformò in "4 marzo 1943", nonostante la censura (la famosa strofa che inneggiava alla gente del porto in realtà si riferiva a ladri e buttane) diventò una delle canzoni più famose della musica italiana.
Alla faccia di chi censura e di chi opprime la libertà di espressione altrui.
Gli anni '70 furono gli anni bui del festival, la musica che andava per la maggiore non era certo musica da festival, erano gli anni di piombo e del terrorismo, in Italia facevano sfracelli i cantautori (e meno male che ci sono stati loro) nel resto del mondo il soul ed il rock progressive. I canzonettari italiani erano molto più famosi all'estero che in patria, gruppi come i Ricchi & Poveri lanciati dal festival erano idolatrati tra la Francia e la Germania mentre da noi venivano a stento ascoltati. La RAI in quel periodo non trasmetteva neanche la diretta televisiva, ma nell'accozaglia di vari generi proposti al festival spiccavano comunque canzoni importanti ed indimenticabili, una per ogni genere: nel 1972 infatti grande successo ebbero cantautori quali Peppino Gagliardi con "Come le viole" o la grande conferma di Lucio Dalla con "Piazza grande", il rock alternativo poteva contare sul grande impatto dei Delirium e dell'inno spirituale "Jesahel".
Nel 1974 per cercare di smobilitare un pò le acque, si decise di dividere il cast tra i "campioni", veterani più o meno noti, ed i "giovani" cantanti alle prime esperienze, dei quali alla fine un paio venivano mandati in finale con gli altri a giocarsi la vittoria, sperando di trovare tra questi ultimi un pò di linfa nuova per il sempre più bistrattato festival, figuratevi che in quell'anno la diretta televisiva fu realizzata da una televisone privata napoletana, mentre la RAI si limitò a madare uno special in un'unica puntata qualche giorno dopo la sua conclusione. Nel 1976 per cercare di riavvicinare il pubblico a Sanremo ci fu l'invasione degli ospiti stranieri, che fecero passare in secondo piano i partecipanti in gara, nel 1977 si afferrò al volo l'ultima tendenza ospitando in gara la maggior parte dei gruppi new romantic che seminavano mielose sviolinate per radio a fine anni '70 facendo la felicità di mio fratello Paolo: Albatros, Matia Bazar, il Giardino dei Semplici, i Collage, i Santo California ed i vincitori Homo Sapiens con "Bella da morire", tutti gruppi quasi emergenti ma che ebbero il merito, alemeno per il festival, di attirare nuovamente l'attenzione del grande pubblico televisivo.
L'anno che sicuramente è da tenere in maggiore considerazione di questa decade è senza dubbio il 1978, il decennio fu un continuo rivoluzionare delle rivoluzioni precedenti, impazza la discomusic in tutto il mondo, tra gli ospiti internazionali ricordo con piacere i Village People e le loro gaissime coreografie. La vittoria finale andò ancora una volta ad un gruppo, quei Matia bazar che rispetto a tutto il movimento new romantic si stava evolvendo verso un sound più internazionale. Ma quelli erano anche gli anni del punk, la seconda classificata fu una sconosciuta ragazza barese conciata come una streeter londinese, lei era Anna Oxa, la canzone era l'arcinota "Un'emozione da poco" scritta da Ivano Fossati, il look era stato studiato a tavolino dall'icona trash Ivan Cattaneo, e lei diventò in breve tempo una star. Ma quella che a mio modesto avviso è stata la più grande partecipazione sanremese della storia era qualla di un giovane cantautore romano di origini calabresi arrivato terzo, un paio di pezzi lo avevano attenzionato al grande pubblico, la RAI lo vedeva di cattivo occhio per i suoi testi e per il suo essere un anticonformista: era Rino Gaetano, la canzone era "Gianna", il successo fu clamoroso, il passavoce sulla sua partecipazione fu linfa nuova per il festival che ebbe nuovamente un successo insperato.
L'interpretazione di Gianna resterà negli annali della musica, il presentarsi ad un pubblico bigotto in cilindro, chitarrina e scarpe da ginnastica sotto il frac, scimmiottare il playback, non ha mai avuto eguali. E' anche per questa interpretazione che io continuo a guardare il festival, da più di 30anni aspetto un'altra esibizione del genere, il mitico Rino, per lui e solo per lui ci vorrebbe un post a parte che giuro prima o poi scriverò.
L'anno dopo il festival era stato ormai rilanciato dall'effetto Rino Gaetano, tornò il successo di pubblico anche con una gara piena zeppa di illustri sconoscuti, ricordo con attenzione il secondo classificato, il pluristrumentista Enzo Carella che con la canzone "Barbara" cercò una nuova strada portando il funky in Italia.
Alla faccia di chi censura e di chi opprime la libertà di espressione altrui.
Gli anni '70 furono gli anni bui del festival, la musica che andava per la maggiore non era certo musica da festival, erano gli anni di piombo e del terrorismo, in Italia facevano sfracelli i cantautori (e meno male che ci sono stati loro) nel resto del mondo il soul ed il rock progressive. I canzonettari italiani erano molto più famosi all'estero che in patria, gruppi come i Ricchi & Poveri lanciati dal festival erano idolatrati tra la Francia e la Germania mentre da noi venivano a stento ascoltati. La RAI in quel periodo non trasmetteva neanche la diretta televisiva, ma nell'accozaglia di vari generi proposti al festival spiccavano comunque canzoni importanti ed indimenticabili, una per ogni genere: nel 1972 infatti grande successo ebbero cantautori quali Peppino Gagliardi con "Come le viole" o la grande conferma di Lucio Dalla con "Piazza grande", il rock alternativo poteva contare sul grande impatto dei Delirium e dell'inno spirituale "Jesahel".
Nel 1974 per cercare di smobilitare un pò le acque, si decise di dividere il cast tra i "campioni", veterani più o meno noti, ed i "giovani" cantanti alle prime esperienze, dei quali alla fine un paio venivano mandati in finale con gli altri a giocarsi la vittoria, sperando di trovare tra questi ultimi un pò di linfa nuova per il sempre più bistrattato festival, figuratevi che in quell'anno la diretta televisiva fu realizzata da una televisone privata napoletana, mentre la RAI si limitò a madare uno special in un'unica puntata qualche giorno dopo la sua conclusione. Nel 1976 per cercare di riavvicinare il pubblico a Sanremo ci fu l'invasione degli ospiti stranieri, che fecero passare in secondo piano i partecipanti in gara, nel 1977 si afferrò al volo l'ultima tendenza ospitando in gara la maggior parte dei gruppi new romantic che seminavano mielose sviolinate per radio a fine anni '70 facendo la felicità di mio fratello Paolo: Albatros, Matia Bazar, il Giardino dei Semplici, i Collage, i Santo California ed i vincitori Homo Sapiens con "Bella da morire", tutti gruppi quasi emergenti ma che ebbero il merito, alemeno per il festival, di attirare nuovamente l'attenzione del grande pubblico televisivo.
L'anno che sicuramente è da tenere in maggiore considerazione di questa decade è senza dubbio il 1978, il decennio fu un continuo rivoluzionare delle rivoluzioni precedenti, impazza la discomusic in tutto il mondo, tra gli ospiti internazionali ricordo con piacere i Village People e le loro gaissime coreografie. La vittoria finale andò ancora una volta ad un gruppo, quei Matia bazar che rispetto a tutto il movimento new romantic si stava evolvendo verso un sound più internazionale. Ma quelli erano anche gli anni del punk, la seconda classificata fu una sconosciuta ragazza barese conciata come una streeter londinese, lei era Anna Oxa, la canzone era l'arcinota "Un'emozione da poco" scritta da Ivano Fossati, il look era stato studiato a tavolino dall'icona trash Ivan Cattaneo, e lei diventò in breve tempo una star. Ma quella che a mio modesto avviso è stata la più grande partecipazione sanremese della storia era qualla di un giovane cantautore romano di origini calabresi arrivato terzo, un paio di pezzi lo avevano attenzionato al grande pubblico, la RAI lo vedeva di cattivo occhio per i suoi testi e per il suo essere un anticonformista: era Rino Gaetano, la canzone era "Gianna", il successo fu clamoroso, il passavoce sulla sua partecipazione fu linfa nuova per il festival che ebbe nuovamente un successo insperato.
L'interpretazione di Gianna resterà negli annali della musica, il presentarsi ad un pubblico bigotto in cilindro, chitarrina e scarpe da ginnastica sotto il frac, scimmiottare il playback, non ha mai avuto eguali. E' anche per questa interpretazione che io continuo a guardare il festival, da più di 30anni aspetto un'altra esibizione del genere, il mitico Rino, per lui e solo per lui ci vorrebbe un post a parte che giuro prima o poi scriverò.
L'anno dopo il festival era stato ormai rilanciato dall'effetto Rino Gaetano, tornò il successo di pubblico anche con una gara piena zeppa di illustri sconoscuti, ricordo con attenzione il secondo classificato, il pluristrumentista Enzo Carella che con la canzone "Barbara" cercò una nuova strada portando il funky in Italia.
Anche un Cicciologo guarda Sanremo - parte 3: quanto hanno rotto con questi anni '60
Il successo degli urlatori nelle ultime edizioni, il volere del pubblico giovane che adesso è parte fondamentale degli ascoltatori del festival, la sempre maggiore ingerenza della RAI che pretende la presenza degli emergenti delle proprie trasmissioni: l'edizione del 1961 qualcuno la ricorderà come una vera edizione rivoluzionaria, intendiamoci, dobbiamo sempre ricordarci quali erano i tempi e che siamo in Italia...
Se guardiamo la lista dei partecipanti notiamo l'ingresso in gara di Mina, Milva, Little Tony, Edoardo Vianello, Pino Donaggio, Tony Renis, Joe Sentieri e Gianni Meccia, non guardiamo a questa gente con gli occhi del 2012 ma con quelli del 1961. Come fece scalpore l'ingresso in gara di alcuni loschi individui che cercavano di fare musica cercando altre strade rispetto a quelle che tutti percorrevano, scrivendosi i testi anzichè propinare quelli dei soliti autori, supervisionando la musica, cercando temi più profondi e meno canzonettari, più in la li avrebbero chiamati "cantautori" ed in questa edizione ci troviamo Umberto Bindi, Bruno Martino, Gino Paoli e Giorgio Gaber. Ma indipendentemente da chi ha vinto, la vera rivoluzione del festival la fece un giovane ragazzo milanese ai quei tempi militare, che diede le spalle al pubblico intonando la sua 24000 baci: Adriano Celentano nel 1961 porta il rock in Italia, porta il rock a Sanremo, ma porta sopratutto, l'anticonformismo.
Dal 1962 al 1965 venne confermata la regola della canzonetta facile portata al successo dalle varie starlette televisive, vennero fuori canzoni di grande successo anche internazionale, come la Quando quando quando di Tony Renis o Io che non vivo di Pino Donaggio, in quegli anni Sanremo rispecchiava in tutto e per tutto l'ottimismo del boom economico, dobbiamo aspettare il 1966 per vedere qualcosa di diverso, in questa edizione infatti venne data voce anche alle prime ribellioni giovanili sostenute dai vari gruppi di "Capelloni", in questo caso ci furono l'Equipe '84 e dall'estero gli Yardbirds, ai primi cenni di forte presa di posizione femminile segnati dal grande successo di Caterina Caselli con Nessuno mi può giudicare, ma ancora una volta fu il ritorno di Adriano Celentano a fare la differenza, portando per la prima volta un testo realmente impegnato al festival, Il ragazzo della via Gluk. In Italia in effetti tutti osannavano il boom economico, non esisteva nessuno che osava far notare alla gente come l'industrializzazione selvaggia stava cominciando a rovinare il paese, la sua presa di coscienza aprì gli occhi ad una grossa fetta di pubblico, cosa che fece di Adriano un personaggio malvisto dalle lobby di potere nazionali che nell'ignoranza generale potevano avere vita molto più facile.
Anno cruciale fu anche il successivo, il 1967, i capelloni invasero la lista dei partecipanti, Bisogna saper perdere dei Rokes o Proposta dei Giganti prosegurono la strada della ribellione giovanile, ma ciò che più si ricorderà di quell'anno fu il sucidio di Luigi Tenco. In quegli anni si sa, i cantautori non venivano visti di buon occhio, lui aveva un carattere un pò fragile, la sua fu unanimemente considerata la canzone più bella di quell'anno, ma non arrivò neppure in finale. Mentre ai giorni nostri questo è un vanto, all'epoca poteva segnare un'onta per qualcuno, si suppone sia stato questo il motivo per il quale si suicidò sparandosi un colpo in testa nella sua camera d'albergo.
Nel 1968 Sanremo volle omaggiare la musica nera americana, Loius Armstrong cantò addirittura in italiano, Wilson Pickett rese internazionale la canzone Deborah del negro bianco italiano Fausto Leali. Wilson Pickett tornò un anno dopo, ma non perchè ci aveva provato gusto, ma perchè avrebbe voluto a tutti costi cantare la canzone che lo vide quell'anno sul palco, canzone che vide esordio ed unica partecipazione attiva di Lucio Battisti sul palco di Sanremo con Un'avventura.
Se guardiamo la lista dei partecipanti notiamo l'ingresso in gara di Mina, Milva, Little Tony, Edoardo Vianello, Pino Donaggio, Tony Renis, Joe Sentieri e Gianni Meccia, non guardiamo a questa gente con gli occhi del 2012 ma con quelli del 1961. Come fece scalpore l'ingresso in gara di alcuni loschi individui che cercavano di fare musica cercando altre strade rispetto a quelle che tutti percorrevano, scrivendosi i testi anzichè propinare quelli dei soliti autori, supervisionando la musica, cercando temi più profondi e meno canzonettari, più in la li avrebbero chiamati "cantautori" ed in questa edizione ci troviamo Umberto Bindi, Bruno Martino, Gino Paoli e Giorgio Gaber. Ma indipendentemente da chi ha vinto, la vera rivoluzione del festival la fece un giovane ragazzo milanese ai quei tempi militare, che diede le spalle al pubblico intonando la sua 24000 baci: Adriano Celentano nel 1961 porta il rock in Italia, porta il rock a Sanremo, ma porta sopratutto, l'anticonformismo.
Dal 1962 al 1965 venne confermata la regola della canzonetta facile portata al successo dalle varie starlette televisive, vennero fuori canzoni di grande successo anche internazionale, come la Quando quando quando di Tony Renis o Io che non vivo di Pino Donaggio, in quegli anni Sanremo rispecchiava in tutto e per tutto l'ottimismo del boom economico, dobbiamo aspettare il 1966 per vedere qualcosa di diverso, in questa edizione infatti venne data voce anche alle prime ribellioni giovanili sostenute dai vari gruppi di "Capelloni", in questo caso ci furono l'Equipe '84 e dall'estero gli Yardbirds, ai primi cenni di forte presa di posizione femminile segnati dal grande successo di Caterina Caselli con Nessuno mi può giudicare, ma ancora una volta fu il ritorno di Adriano Celentano a fare la differenza, portando per la prima volta un testo realmente impegnato al festival, Il ragazzo della via Gluk. In Italia in effetti tutti osannavano il boom economico, non esisteva nessuno che osava far notare alla gente come l'industrializzazione selvaggia stava cominciando a rovinare il paese, la sua presa di coscienza aprì gli occhi ad una grossa fetta di pubblico, cosa che fece di Adriano un personaggio malvisto dalle lobby di potere nazionali che nell'ignoranza generale potevano avere vita molto più facile.
Anno cruciale fu anche il successivo, il 1967, i capelloni invasero la lista dei partecipanti, Bisogna saper perdere dei Rokes o Proposta dei Giganti prosegurono la strada della ribellione giovanile, ma ciò che più si ricorderà di quell'anno fu il sucidio di Luigi Tenco. In quegli anni si sa, i cantautori non venivano visti di buon occhio, lui aveva un carattere un pò fragile, la sua fu unanimemente considerata la canzone più bella di quell'anno, ma non arrivò neppure in finale. Mentre ai giorni nostri questo è un vanto, all'epoca poteva segnare un'onta per qualcuno, si suppone sia stato questo il motivo per il quale si suicidò sparandosi un colpo in testa nella sua camera d'albergo.
Nel 1968 Sanremo volle omaggiare la musica nera americana, Loius Armstrong cantò addirittura in italiano, Wilson Pickett rese internazionale la canzone Deborah del negro bianco italiano Fausto Leali. Wilson Pickett tornò un anno dopo, ma non perchè ci aveva provato gusto, ma perchè avrebbe voluto a tutti costi cantare la canzone che lo vide quell'anno sul palco, canzone che vide esordio ed unica partecipazione attiva di Lucio Battisti sul palco di Sanremo con Un'avventura.
Anche un Cicciologo guarda Sanremo - parte 2: la tristezza degli anni '50 sferzata dagli urlatori
Il festival nacque nel 1951 dietro una geniale imbeccata dell'allora direttore del casinò di Sanremo Angelo Nicola Amato, che aveva seguito qualche estate prima ad un maldestro tentativo di festival canoro nazionale organizzato in Versilia. L'idea fu sviluppata assieme al conduttore radiofonico Angelo Nizza, che da parte sua propose questa idea ai vertici EIAR (il vecchio acronimo della RAI) di Torino, che accettò di buon grado trasmettendone la diretta radiofonica fin dalla prima edizione, collaborando sporadicamente anche all'organizzazione generale.
Nei primi anni, dal 1951 al 1957, suppongo sia stato di una noia pazzesca, in gara ci stavano praticamente sempre le stesse persone a palleggiarsi diverse canzoni, che però grazie al boom della radiodiffusione ebbero un eco tale in tutto il paese che fecero del festival uno degli eventi nazionali più noti ed attesi già dalle prime edizioni. Tra il '56 ed il '57 arrivano anche le prime trasmissioni video da quella che era la prima sede storica, il casinò per l'appunto, ma a parte questo, le baruffe tra un'orchestra e l'altra ed i capricci della star dell'epoca Nilla Pizzi, non c'è veramente nulla da segnalare.
La prima vera rivoluzione si ebbe nel 1958, tra i soliti noti la nuova organizzazione pretese di aggiungere dei volti nuovi ed emergenti, tipo quel Johnny Dorelli ad esempio, che la nostra generazione ricorda più come attore che come cantante. Nel mezzo, si pretese la presenza di un autore già abbastanza noto, Domenico Modugno, ma che come interprete era malvisto dalla società dell'epoca perchè faceva parte di quella categoria di cantanti detta "urlatori" che contrastava con quelli che erano i parametri dell'epoca. Alla faccia di chi ci vedeva già un pericolo per le giovani generazioni (ma che tempi erano? cacchio, parliamo di Modugno!) vinse a mani basse con quello che fu il più grande successo italiano di tutti i tempi: Nel blu dupinto di blu, unico disco italiano ad aver venduto oltre 50 milioni di copie, senza parlare delle re-interpretazioni celebri, su tutte quella di the King Elvis Presley. Un successo di tale portata fece da traino per tutto il festival di Sanremo, che pur limitando le nuove partecipazioni al minimo vide trionfare anche per i successivi anni, 1959 e 1960 di nuovo Modugno e l'altro urlatore Tony Dallara: la celeberrima Romantica adesso può sembrare marciume sonoro, ma per quei tempi era una vera e propria coltellata nel costato.
Meno male che c'è YouTube, così qualche riferimento video riusciamo cmq a beccarlo....
Nei primi anni, dal 1951 al 1957, suppongo sia stato di una noia pazzesca, in gara ci stavano praticamente sempre le stesse persone a palleggiarsi diverse canzoni, che però grazie al boom della radiodiffusione ebbero un eco tale in tutto il paese che fecero del festival uno degli eventi nazionali più noti ed attesi già dalle prime edizioni. Tra il '56 ed il '57 arrivano anche le prime trasmissioni video da quella che era la prima sede storica, il casinò per l'appunto, ma a parte questo, le baruffe tra un'orchestra e l'altra ed i capricci della star dell'epoca Nilla Pizzi, non c'è veramente nulla da segnalare.
La prima vera rivoluzione si ebbe nel 1958, tra i soliti noti la nuova organizzazione pretese di aggiungere dei volti nuovi ed emergenti, tipo quel Johnny Dorelli ad esempio, che la nostra generazione ricorda più come attore che come cantante. Nel mezzo, si pretese la presenza di un autore già abbastanza noto, Domenico Modugno, ma che come interprete era malvisto dalla società dell'epoca perchè faceva parte di quella categoria di cantanti detta "urlatori" che contrastava con quelli che erano i parametri dell'epoca. Alla faccia di chi ci vedeva già un pericolo per le giovani generazioni (ma che tempi erano? cacchio, parliamo di Modugno!) vinse a mani basse con quello che fu il più grande successo italiano di tutti i tempi: Nel blu dupinto di blu, unico disco italiano ad aver venduto oltre 50 milioni di copie, senza parlare delle re-interpretazioni celebri, su tutte quella di the King Elvis Presley. Un successo di tale portata fece da traino per tutto il festival di Sanremo, che pur limitando le nuove partecipazioni al minimo vide trionfare anche per i successivi anni, 1959 e 1960 di nuovo Modugno e l'altro urlatore Tony Dallara: la celeberrima Romantica adesso può sembrare marciume sonoro, ma per quei tempi era una vera e propria coltellata nel costato.
Meno male che c'è YouTube, così qualche riferimento video riusciamo cmq a beccarlo....
Anche un Cicciologo guarda Sanremo - parte 1: quando tra il letame spunta un fiore
Ascolto musica da sempre, è la mia vita, se non ho la colonna sonora in sottofondo per gran parte della mia giornata non carburo. Da sempre mi sono vantato di essere un esperto di musica, ma non perchè suonassi chissà quale strumento, ma perchè ho sempre preferito, fin da piccolo, catalogare i miei ascolti su certe qualità che nella musica ascoltata da gran parte delle persone non trovo.
Quindi gran parte delle persone che come me glorifica un certo tipo di musica, troverebbe di cattivo gusto andare a guardare il festival, solo che io nn ce la faccio, è più forte di me, io lo guardo e lo commento anche, scusando la presunzione, con un punto di vista certamente superiore rispetto a tanti altri, perchè io amo la musica, e non amo quello che passano per radio, è diverso.
Gurado il festival non tanto x la musica, se devo essere sincero, ma fin da quando ero piccolino in una casa nazionalpopolare come la mia Sanremo era una tradizione, sempre le stesse discussioni e gli stessi commenti, tra i miei genitori ed i vicini o gli zii, al primo giorno tutte le canzoni erano più brutte rispetto a quelle dell'anno prima, nell'ultima serata spuntavano fuori capolavori mai ascoltati prima, e vinceva sempre la canzone peggiore, il solito raccomandato.
Non so da quando, ma piano piano dentro questo baraccone multimediale io comunque ci trovavo sempre qualcosa di positivo e di poco ordinario, così andai a ritroso nella mia personale ricerca, fino a quando non ho trovato certe perle, di certo in mano ai porci, ma che sempre perle sono state. Se guardiamo a ritroso edizione dopo edizione, noteremo che c'è stato sempre qualcosa di inaspettatamente bello e diverso, dai cantautori al rock, dagli alternativi a chi ha scosso e rivoluzionato un epoca tra il bigottismo imperante in quel di Sanremo.
Nel mio piccolo, ed in base ai miei giudizi personalissimi, cercherò per mio puro piacere, andare a fare un resoconto dettagliato anno per anno, magari mi soffermerò di più su alcune cose, altre le tralascerò perchè a mio parere sono irrelevanti.
Insomma io ci provo, e se ce la faccio a scrivere in tempo, prima della chiusura del festival di quest'anno cercherò di fare un resoconto critico anche sul festival in corso, tanto in Italia siamo tutti critici musicali e commissari tecnici, mica sono l'unico tuttologo!
Per chi non lo avesse capito, questi sono i Decibel, grande gruppo punk italiano guidato dal biondo (all'epoca) Enrico Ruggeri, che sconvolse il bigottissimo pubblico sanremese con la canzone Contessa, una canzone fondamentale per il rock italiano...
Quindi gran parte delle persone che come me glorifica un certo tipo di musica, troverebbe di cattivo gusto andare a guardare il festival, solo che io nn ce la faccio, è più forte di me, io lo guardo e lo commento anche, scusando la presunzione, con un punto di vista certamente superiore rispetto a tanti altri, perchè io amo la musica, e non amo quello che passano per radio, è diverso.
Gurado il festival non tanto x la musica, se devo essere sincero, ma fin da quando ero piccolino in una casa nazionalpopolare come la mia Sanremo era una tradizione, sempre le stesse discussioni e gli stessi commenti, tra i miei genitori ed i vicini o gli zii, al primo giorno tutte le canzoni erano più brutte rispetto a quelle dell'anno prima, nell'ultima serata spuntavano fuori capolavori mai ascoltati prima, e vinceva sempre la canzone peggiore, il solito raccomandato.
Non so da quando, ma piano piano dentro questo baraccone multimediale io comunque ci trovavo sempre qualcosa di positivo e di poco ordinario, così andai a ritroso nella mia personale ricerca, fino a quando non ho trovato certe perle, di certo in mano ai porci, ma che sempre perle sono state. Se guardiamo a ritroso edizione dopo edizione, noteremo che c'è stato sempre qualcosa di inaspettatamente bello e diverso, dai cantautori al rock, dagli alternativi a chi ha scosso e rivoluzionato un epoca tra il bigottismo imperante in quel di Sanremo.
Nel mio piccolo, ed in base ai miei giudizi personalissimi, cercherò per mio puro piacere, andare a fare un resoconto dettagliato anno per anno, magari mi soffermerò di più su alcune cose, altre le tralascerò perchè a mio parere sono irrelevanti.
Insomma io ci provo, e se ce la faccio a scrivere in tempo, prima della chiusura del festival di quest'anno cercherò di fare un resoconto critico anche sul festival in corso, tanto in Italia siamo tutti critici musicali e commissari tecnici, mica sono l'unico tuttologo!
Per chi non lo avesse capito, questi sono i Decibel, grande gruppo punk italiano guidato dal biondo (all'epoca) Enrico Ruggeri, che sconvolse il bigottissimo pubblico sanremese con la canzone Contessa, una canzone fondamentale per il rock italiano...
giovedì 12 gennaio 2012
Io non mi riconosco nel mio stato (d'animo)
Una breve riflessione in piena pausa pranzo.
E' dal lontano 2 novembre che nn scrivo più nulla nel mio blog.
Scrivere per me è sempre stato una valvola di sfogo, lasciare traccia di ciò che penso, di ciò che macina il mio cervello in determinati istanti è sempre stato un qualcosa di positivo e propedeudico, e questo lo ripeto fin dal primo post che ho scritto.
C'è qualche amico che ha preso a cuore ciò che scrivo, magari perchè gli piace ciò che scrivo o magari perchè gli piace solo il fatto che scrivo, cmq, più di una persona mi ha chiesto come mai da tanto tempo nn mi fossi più dedicato alla cura del Cicciologo. Mi hanno proposto argomenti diversi sui quali qualcuno si aspettava le mie reazioni e le mie opinioni, il governo che è caduto, il berlusca che sembrava aver abbandonato la guida del paese mentre in realtà ne è ancora il burattinaio, la Juve che a gennaio è ancora la prima in classifica, a che punto siamo con gli svincoli, le luci di Natale, un pò di dischi nuovi, qualche libro che ho letto, a qualcuno avevo promesso una mia personale piccola biografia dei Beatles, qualcuno mi chiedeva questo, qualcun'altro quello...e poi basta, non è che poi ci sono tutte queste gran persone a seguire il mio blog :-)!
La realtà è che per me scrivere è come parlare, come quelle volte che nn ti va di farlo con nessuno, che vorresti solo stare zitto e dare ascolto ai tuoi pensieri, fino a quando non diventano assordanti e zittisci pure quelli, in questo caso, a me non andava di scrivere, qualsiasi argomento era come se fosse vuoto, apatico, senza alcun interesse reale.
E' questione di stati d'animo, grazie al cielo un blog non è un obbligo, non lo fai x mestiere e non devi dare conto a nessuno, se in certi momenti una testiera davanti non ti ispira nulla, allora il nulla sarà, anche se passano mesi, il tuo blog rimane sempre li, come certi vestiti che stanno belli pronti e stirati dentro l'armadio, ma a te nn va di metterli perchè sembrano troppo colorati, poi però quando tornerai ad indossarli ti dispiacerà averli messi così poco.
Poi adesso non so se da oggi mi sarà realmente tornata la voglia di scrivere o se anche stavolta è un palliativo temporaneo, diciamo pure che adesso il lavoro mi permette molto meno, però non sarà un assillo per me in quanto so che il mio blog aspetta, che forse non ci sarà più nessuno a leggerlo ma intanto è bello sapere che se ritengo che un mio pensiero meriti di lasciare traccia, ho come poterlo fare. E se il silenzio si dovesse protarre ancora a lungo non c'è di che preoccuparsi, anche perchè il silenzio è pur sempre un'opinione, se si riuscisse a ripettare i silenzi altrui e dare ascolto ai propri, magari in giro ci sarebbe sempre meno rumore.
P.S.
Per inciso, "Io non mi riconosco nel mio stato" è il titolo di una bellissima canzone di Marco Notari, dall'album "Babele" del 2008. Marco Notari è giovane cantautore alternativo mai apparso in tv, mai pubblicato da major, mai apparso su MTV e quasi mai passato per radio, ma che vende ed ha più fans dei vari cantantelli di amici o x factor, dopo aergli chiesto virtualmente il titolo in prestito, lo ringrazio pubblicando la sua canzone, perchè è davvero un capolavoro.
E' dal lontano 2 novembre che nn scrivo più nulla nel mio blog.
Scrivere per me è sempre stato una valvola di sfogo, lasciare traccia di ciò che penso, di ciò che macina il mio cervello in determinati istanti è sempre stato un qualcosa di positivo e propedeudico, e questo lo ripeto fin dal primo post che ho scritto.
C'è qualche amico che ha preso a cuore ciò che scrivo, magari perchè gli piace ciò che scrivo o magari perchè gli piace solo il fatto che scrivo, cmq, più di una persona mi ha chiesto come mai da tanto tempo nn mi fossi più dedicato alla cura del Cicciologo. Mi hanno proposto argomenti diversi sui quali qualcuno si aspettava le mie reazioni e le mie opinioni, il governo che è caduto, il berlusca che sembrava aver abbandonato la guida del paese mentre in realtà ne è ancora il burattinaio, la Juve che a gennaio è ancora la prima in classifica, a che punto siamo con gli svincoli, le luci di Natale, un pò di dischi nuovi, qualche libro che ho letto, a qualcuno avevo promesso una mia personale piccola biografia dei Beatles, qualcuno mi chiedeva questo, qualcun'altro quello...e poi basta, non è che poi ci sono tutte queste gran persone a seguire il mio blog :-)!
La realtà è che per me scrivere è come parlare, come quelle volte che nn ti va di farlo con nessuno, che vorresti solo stare zitto e dare ascolto ai tuoi pensieri, fino a quando non diventano assordanti e zittisci pure quelli, in questo caso, a me non andava di scrivere, qualsiasi argomento era come se fosse vuoto, apatico, senza alcun interesse reale.
E' questione di stati d'animo, grazie al cielo un blog non è un obbligo, non lo fai x mestiere e non devi dare conto a nessuno, se in certi momenti una testiera davanti non ti ispira nulla, allora il nulla sarà, anche se passano mesi, il tuo blog rimane sempre li, come certi vestiti che stanno belli pronti e stirati dentro l'armadio, ma a te nn va di metterli perchè sembrano troppo colorati, poi però quando tornerai ad indossarli ti dispiacerà averli messi così poco.
Poi adesso non so se da oggi mi sarà realmente tornata la voglia di scrivere o se anche stavolta è un palliativo temporaneo, diciamo pure che adesso il lavoro mi permette molto meno, però non sarà un assillo per me in quanto so che il mio blog aspetta, che forse non ci sarà più nessuno a leggerlo ma intanto è bello sapere che se ritengo che un mio pensiero meriti di lasciare traccia, ho come poterlo fare. E se il silenzio si dovesse protarre ancora a lungo non c'è di che preoccuparsi, anche perchè il silenzio è pur sempre un'opinione, se si riuscisse a ripettare i silenzi altrui e dare ascolto ai propri, magari in giro ci sarebbe sempre meno rumore.
P.S.
Per inciso, "Io non mi riconosco nel mio stato" è il titolo di una bellissima canzone di Marco Notari, dall'album "Babele" del 2008. Marco Notari è giovane cantautore alternativo mai apparso in tv, mai pubblicato da major, mai apparso su MTV e quasi mai passato per radio, ma che vende ed ha più fans dei vari cantantelli di amici o x factor, dopo aergli chiesto virtualmente il titolo in prestito, lo ringrazio pubblicando la sua canzone, perchè è davvero un capolavoro.
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