Gli echi delle rivoluzioni mondiali si sa, da noi arrivavano sempre con qualche anno di ritardo. Dopo il '68 nel mondo fu molto forte il movimento femminista, al quale in Italia si guardava sempre con diffidenza e timore, per questo, ancora una volta, Celentano scelse di cavalcare la controtendenza, ed in coppia con la moglie Claudia Mori, vinse Sanremo del 1970 con l'inno "Chi non lavora non fa l'amore", mi credete se vi dico che al giorno d'oggi quasi nessuno ha capito il senso di questa canzone? Gli organizzatori lo capirono eccome, forse troppo tardi, per questo decisero dalla successiva edizione, quella del 1971 di censurare parecchi testi obbligando gli autori a modifiche strutturali delle loro canzoni, rischiando seriamente di comprometterne il senso. La vittima più celebre fu Lucio Dalla, arrivato quasi inosservato al suo terzo festival che aveva portato una canzone dal titolo "Gesù bambino", che per il festival si trasformò in "4 marzo 1943", nonostante la censura (la famosa strofa che inneggiava alla gente del porto in realtà si riferiva a ladri e buttane) diventò una delle canzoni più famose della musica italiana.
Alla faccia di chi censura e di chi opprime la libertà di espressione altrui.
Gli anni '70 furono gli anni bui del festival, la musica che andava per la maggiore non era certo musica da festival, erano gli anni di piombo e del terrorismo, in Italia facevano sfracelli i cantautori (e meno male che ci sono stati loro) nel resto del mondo il soul ed il rock progressive. I canzonettari italiani erano molto più famosi all'estero che in patria, gruppi come i Ricchi & Poveri lanciati dal festival erano idolatrati tra la Francia e la Germania mentre da noi venivano a stento ascoltati. La RAI in quel periodo non trasmetteva neanche la diretta televisiva, ma nell'accozaglia di vari generi proposti al festival spiccavano comunque canzoni importanti ed indimenticabili, una per ogni genere: nel 1972 infatti grande successo ebbero cantautori quali Peppino Gagliardi con "Come le viole" o la grande conferma di Lucio Dalla con "Piazza grande", il rock alternativo poteva contare sul grande impatto dei Delirium e dell'inno spirituale "Jesahel".
Nel 1974 per cercare di smobilitare un pò le acque, si decise di dividere il cast tra i "campioni", veterani più o meno noti, ed i "giovani" cantanti alle prime esperienze, dei quali alla fine un paio venivano mandati in finale con gli altri a giocarsi la vittoria, sperando di trovare tra questi ultimi un pò di linfa nuova per il sempre più bistrattato festival, figuratevi che in quell'anno la diretta televisiva fu realizzata da una televisone privata napoletana, mentre la RAI si limitò a madare uno special in un'unica puntata qualche giorno dopo la sua conclusione. Nel 1976 per cercare di riavvicinare il pubblico a Sanremo ci fu l'invasione degli ospiti stranieri, che fecero passare in secondo piano i partecipanti in gara, nel 1977 si afferrò al volo l'ultima tendenza ospitando in gara la maggior parte dei gruppi new romantic che seminavano mielose sviolinate per radio a fine anni '70 facendo la felicità di mio fratello Paolo: Albatros, Matia Bazar, il Giardino dei Semplici, i Collage, i Santo California ed i vincitori Homo Sapiens con "Bella da morire", tutti gruppi quasi emergenti ma che ebbero il merito, alemeno per il festival, di attirare nuovamente l'attenzione del grande pubblico televisivo.
L'anno che sicuramente è da tenere in maggiore considerazione di questa decade è senza dubbio il 1978, il decennio fu un continuo rivoluzionare delle rivoluzioni precedenti, impazza la discomusic in tutto il mondo, tra gli ospiti internazionali ricordo con piacere i Village People e le loro gaissime coreografie. La vittoria finale andò ancora una volta ad un gruppo, quei Matia bazar che rispetto a tutto il movimento new romantic si stava evolvendo verso un sound più internazionale. Ma quelli erano anche gli anni del punk, la seconda classificata fu una sconosciuta ragazza barese conciata come una streeter londinese, lei era Anna Oxa, la canzone era l'arcinota "Un'emozione da poco" scritta da Ivano Fossati, il look era stato studiato a tavolino dall'icona trash Ivan Cattaneo, e lei diventò in breve tempo una star. Ma quella che a mio modesto avviso è stata la più grande partecipazione sanremese della storia era qualla di un giovane cantautore romano di origini calabresi arrivato terzo, un paio di pezzi lo avevano attenzionato al grande pubblico, la RAI lo vedeva di cattivo occhio per i suoi testi e per il suo essere un anticonformista: era Rino Gaetano, la canzone era "Gianna", il successo fu clamoroso, il passavoce sulla sua partecipazione fu linfa nuova per il festival che ebbe nuovamente un successo insperato.
L'interpretazione di Gianna resterà negli annali della musica, il presentarsi ad un pubblico bigotto in cilindro, chitarrina e scarpe da ginnastica sotto il frac, scimmiottare il playback, non ha mai avuto eguali. E' anche per questa interpretazione che io continuo a guardare il festival, da più di 30anni aspetto un'altra esibizione del genere, il mitico Rino, per lui e solo per lui ci vorrebbe un post a parte che giuro prima o poi scriverò.
L'anno dopo il festival era stato ormai rilanciato dall'effetto Rino Gaetano, tornò il successo di pubblico anche con una gara piena zeppa di illustri sconoscuti, ricordo con attenzione il secondo classificato, il pluristrumentista Enzo Carella che con la canzone "Barbara" cercò una nuova strada portando il funky in Italia.
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