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mercoledì 2 novembre 2011

Non serve un medico per capire che...

Il bollettino ufficiale del Milan emesso oggi sul caso Cassano sprizza fortunatamente fiducia da ogni poro, ma non serve un medico per capire che in realtà i fatti potrebbero non stare così, e adesso vi spiego il perchè. 
Il bollettino parla di "sofferenza cerebrale su base ischemica. La causa è stata identificata nella presenza di un forame ovale pervio cardiaco interatriale, evidenziabile solo con sofisticati esami specialistici. "  
in sintesi, a causa di un impercettibile forellino nell'alveo, il cuore tende a non funzionare perfettamente con il rischio di provocare principi di ischemie cerebrali. Normalmente in un uomo adulto ci possono essere alte probabilità di un ischemia dopo il quaramtesimo anno di età, perchè è quello più o meno il momento in cui le cellule cerebrali finiscono di riprodursi, parliamo ovviamente di un uomo sano, che abbia avuto un regime di vita normale, senza aver fatto quindi abuso di sostanze stupefacenti, di alcol o di prodotti dopanti. 
Cassano è un atleta, sappiamo che in passato ha avuto la tendenza ad ingrassare nei momenti in cui si allenava poco o con sufficienza, ma questa è una questione di metabolismo, niente a che vedere con presunti problemi cardiaci. Colleghiamo il fatto che per lo stesso motivo, sempre intorno alla quarantina un uomo adulto è maggiormente portato ad avere problemi cardiaci, difficilemente si sente di un infarto prima di questa soglia di età, anche se comunque può capitare. Le due patologie sono strettamente collegate, perchè l'ischemia viene provocata dal mancato afflusso di sangue in determinate zone del cervello. Un piccolo foro come quello diagnosticato a Cassano può provocare un'ischemia, ma difficilemente questo può capitare ad un atleta sano, robusto, allenato e sotto i trent'anni.
E' ovvio, sappiamo tutti che non ci sono solo gli over 40 a soffrire di cuore, sappiamo di tanti bambini ahimè con gravissime patologie cardiache, ma sono casi che si manifestano subito, non covano dentro una persona sana così a lungo.
Tutto questo ragionamento l'ho fatto non per fare li pessimista o per lo spirito di contraddizione, ammiro l'ufficio stampa del Milan che prima di divulgare bollettini ha aspettato che venissero fatti esami approfonditi, anch'io spero di vedere in campo FantAntonio il più presto possibile, la società parla dai 6 ai 10 mesi se tutto va bene, ma leggendo in giro opinioni di medici specialistici a me viene più di qualche dubbio, e mai come questa volta spero di essere smentito. 
Per un fattore però il sospetto ancora ce l'ho: scartando a priori la possibilità di un problema cardiaco spuntato all'improvviso, è mai possibile che un ragazzo sportivo, allenato, obbligato alla vita sana, si accorga soltanto dopo un fortuito malore di avere una malformazione cardiaca? Ma in tutti questi anni esami non ne ha fatti? O dobbiamo pensare che forse, per fare in modo che regga per undici mesi un presunto ritmo di due partite la settimana, si esagera con ceti di tipi di preparazione e allenamenti, tali da non essere supportati anche da un ragazzo preparato?
Poi c'è anche chi pensa male, quanti colleghi hanno già emesso la sentenza "Cassano si bomba e queste sono le conseguenze", ma io non sono tra questi, io penso che da sportivo, vedere giocare Cassano è uno spettacolo, così come lo sono tutti quei giocatori "genio & sregolatezza", ti diverte in campo, e ti fa sempre sorridere fuori, poi magari lo insultavo quando aveva certi colpi di testa che lo hanno sempre limitato, con un filo di cervello in più poteva essere il migliore calciatore del mondo. Io gli faccio i migliori auguri possibili, spero di sbagliarmi e di vederlo in campo quanto prima, se così non sarà comunque posso essere felice, da amante del calcio, di averlo visto giocare, ma su tutta questa situazione, perdonatemi, ma qualcuno non me la racconta giusta.

venerdì 21 ottobre 2011

Autunno, io ti voglio bene

Autunno mio, io ti voglio bene.
Perchè da quando sono nato sei sempre stata la mia stagione preferita, ed anche adesso che duri di meno, ma molto di meno, ti penso sempre con quella piacevole e leggera nostalgia che da sempre mi hai regalato.
In te un pò mi ci riconosco, perchè da te tutti si aspettano momenti cupi, ma lasci tutti spiazzati quando regali certe giornate di sole così luminose, che con l'estate non abbiamo avuto il tempo di apprezzare abbastanza. Ed anche i tuoi momenti cupi, diciamolo chiaramente, sono sempre circondati da colori così vividi che quel cupo cade sempre in secondo piano, come un leggero sfondo che sta li solo perchè li deve stare.
Autunno ti voglio bene perchè sei sempre stata la stagione dei compromessi mancati, non ci sfianchi col caldo e non ci intristisci col freddo, ci permetti di stare vestiti leggeri e non chiedi altro che una giacca leggera con la quale ci rendi sicuri, e siccome c'è chi pensa che ti vesti per come ti senti, allora grazie a te possiamo sentirci leggeri, ma non svuotati.
Autunno ti voglio bene perchè mi hai regalato tanti momenti, tante emozioni, che se potessi paragonare ad un colore, sarebbe di sicuro uno di quei colori vivaci che tiri fuori dal tuo cilindro. Mi hai regalato una moglie, mia hai regalato una figlia, mi hai regalato una famiglia, mi hai regalato l'amore.
Ogni anno aspetto con ansia i tuoi profumi ed i tuoi sapori, il fumo delle castagne che riempe l'aria delle piazze della mia città, il vino nuovo ed il suo colore rubino, i funghi, la frutta secca...mi sembra di mancarti di rispetto ogni volta che mi metto a dieta e ti chiedo scusa per questo, tanto autunno mio se mi conosci bene lo sai che non mancheranno di certo le occasioni per onorare la tua tavola...ci pensi alle ottobrate, i sapori d'autunno, le sagre della castagna, animi e colori la vita di tanti paesini, viene difficile dire di te che sei una stagione triste, se pensiamo a quante feste organizzi...
E senza di te Autunno, neanche il Natale sarebbe più Natale, c'è chi lo ammette e chi no, ma tutto il mondo non vede l'ora di arrivare a Natale, c'è chi lo fa perchè crede, c'è chi lo fa per i regali, c'è chi lo fa perchè ama le lucine e le vie del centro chiuse al traffico ed addobbate a festa, ma diciamoci la verità, senza di te ad accompagnarci per mano, sarebbe di nuovo inverno, che lo si voglia o meno...
Autunno non avrò mai sufficienti parole per ringraziarti abbastanza, per questo ti ho voluto dedicare un pensiero, perchè anche nel mio piccolo nonostante il cielo cupo, anche se qualche nuvola mi passa addosso, io lo so che alla fine ci saranno i tuoi colori ed una meravigliosa giornata di sole a far passare tutte cose, se anche questa volta sarà così, caro autunno mio, rimani ancora un pò che dell'inverno non ho una buona impressione...

giovedì 13 ottobre 2011

Elogio di Oscar Firmian e del suo impeccabile stile


L'Elogio di Oscar Firmian e del suo impeccabile stile è il quarto romanzo in ordine cronologico di quello che posso annoverare tra i miei scrittori preferiti, ovvero Enrico Brizzi. A chi il nome non dice nulla, ricordo soltanto il primo romanzo, Jack Frusciante è uscito dal gruppo, forse il più clamoroso caso editoriale all'esordio in Italia, di sicuro lo è stato negli anni '90. Jack Frusciante è stato per molti di noi over 30 un romanzo generazionale, tutti avevamo una nostra Aidi nel cuore, tutti avremmo sognato di pedalare per i colli bolognesi come un Girardengo un pò più basso e rock. E molti di noi rockettari ci siamo persino incacchiati di brutto perchè il vero Frusciante di nome va John e non Jack, ma non sapevamo ancora che è stata una licenza quasi poetica da agganciare al romanzo. Dopo qualche anno Brizzi scrisse quello che io considero il suo capolavoro, ovvero Bastogne, che narra dei casini combinati da Ermanno Claypool e Cousin Jerry in una Nizza anni '80 più italiana che se fosse stata realmente in Italia, ricordo di averlo comprato in edizione economica "I Miti" della Mondadori a 6.900 lire, che in copertina c'era ritratto Zanardi di Andrea Pazienza, che questo libro ha fatto il giro di quasi tutti i miei amici più stretti, ognuno sottolineava le sue frasi preferite e mitiche, a guardarlo adesso è segnato quasi ovunque. Poi venne il momento dei Tre ragazzi immaginari, il titolo era come quello di un mitico album dei Cure, avevo aspettative a mille per questo romanzo, ed invece è stata una delusione pazzesca, troppo onirico, troppo personale, si capiva lontano un miglio che era un romanzo scritto più che altro per contratto che non per ispirazione. Arriviamo alle soglie del 2000, in libreria mi capitò davanti l'Elogio di Oscar Firmian, costava quasi 20.000, più di un cd originale, e la foto in copertina non è che poi mi ispirasse più di tanto. Lo comprai però, lessi delle storie di Oscar Firmian, giovane giornalista free-lance che sotto lo psudonimo di avvicinatore Prometeus riusciva a fare interviste impossibili con i personaggi più importanti del momento, da quelle interviste ne scaturivano delle biografie di successo. Il suo agente, Gabrio Spichisi, ricevette la proposta di un giovane rampollo della più importante casa editrice italiana di andare a cercare il suo mito, il cantante di una rock band americana da culto scomparso nel nulla. Tra viaggi, intrecci vari e l'amore con la scrittrice del momento questa intervista non si riesce a fare, ma come finisce di preciso non ve lo dico, primo perchè non è mai bello dire come finisce un libro, secondo perchè in realtà questo post  non vuole essere una critica letteraria, ne il riassunto di un romanzo, ma vuol essere il ricordo di un momento. Si perchè leggere l'Elogio di Oscar Firmian scatenò in me parecchie sensazioni, non era un romanzo particolare, non era eccellente, era un romanzo che poteva scrivere chiunque, pensai più di una volta all'epoca, eppure Brizzi svettava nelle prime posizione nelle classifiche di vendita e veniva ri-osannato dai critici che l'avevano abbandonato prima. Era un romanzo semplicissimo, e a rileggerlo adesso dopo più di dieci anni l'idea è sempre quella, ecco il motivo per cui decisi che era arrivato il momento di comprare il mio primo computer. Avevo mille idee in testa, non vedevo l'ora di metterle in formato word e vedere se riuscivo a concretizzare qualcosa. A turno mi feci supportare dai fratelli Russo, Augusto e Giovanni, amici esperti di computer ma non troppo, mi portarono dritti al negozio Fast computer e mi confezionarono un gioiellino (per l'epoca) davvero niente male, con il case pieno di inserti in plastica trasparente colorata che faceva tanto iMac, il monitor a 17", il modem 56k integrato che bastava collegare al filo del telefono ed usciva fuori quell'indimenticabile trillo che ti faceva capire quando potevi metterti in contatto con il mondo. Avevi la tua bella webcam a forma di palla sopra lo schermo, le casse erano piccoline ma si sentivano una meraviglia, avevo un mousepad carinissimo della Bud, la stampante Epson che faceva un macello pazzesco, ma ci potevi mettere anche le cartucce compatibili e risparmiare un bel pò sulla stampa. Il tutto alla modica cifra di due milioni e mezzo. Il mezzo lo avevo faticosamente raccolto, per i due milioni faccio il mio primo finanziamento Ducato, undici rate da 200mila, a conti fatti dovevo evitare di uscire parecchie sere, ma adesso avevo cosa fare a casa, oltre a leggere ed ascoltare musica.  Le prime sere tempestavo il mio office con tutte le idee che avevo in testa, ci potevo fare almeno una trentina di racconti, ma ero pretenzioso all'epoca e li lasciai tutti come possibili incipit di futuri romanzi, alcuni cercai di legarli assieme anche se si trattava di argomenti lontanissimi tra loro cercando per ore intere il colpo di genio che li potesse miracolosamente unire. Uno di questi incipit mi prese la mano, e in meno di una settimana si trasformò in un romanzo di quasi cento pagine, che aspettava solo una degna e sensata conclusione. Appena si facevano le 23:00 ed avevo la certezza che il telefono non servisse più, attaccavo subito il mio modem e scoprii quanto fosse vasto e smisurato già all'epoca il mondo di internet. Di tutto ciò che mi piaceva trovavo qualcosa, le novità musicali su Radiohead o Marlene Kuntz, tutte le foto di Laetitia Casta di cui all'epoca ero pazzo, tutte salvate in JPG in una cartella solo a lei dedicata. Il sito della Vitaminic che ti metteva a disposizione tutti gli mp3 dei gruppi emergenti. Poi arrivò la Telecom e mi omaggiò tre mesi di ADSL, il primo ADSL, tre mesi che poi diventarono nove, con il bel modem a forma di manta con le lucette azzurre, ed una velocità che mi faceva sbalordire. Scoprì per caso Napster, ed i 16 giga del mio hard disck si ritrovarono sotto pressione dopo breve tempo. Qualsiasi gruppo che mi veniva in mente su Napster c'era, e tu ti divertivi un mondo a vedere il tuo brano che riempiva la sua casella sempre di più fino ad essere definitivamente salvato dentro la cartella My music. Scaricai tutto quello che c'era, ad esempio, sui Metallica e sui Placebo, sugli Stone Roses o Afterhours, dal sito cc covers potevi scaricare le copertine dei cd, ti segnavi tutte le canzoni ed in una sera avevi un album pronto. Masterizzavo subito in cd i file degli album tenendo in memoria solo le canzoni che mi interessavano di più, quello fu il punto di partenza, ora ho tra cpu, hard disck esterno e cd, milioni di file in mp3, la discografia dell'universo, la battezzò recentemente un mio caro collega. Ricordo quando mi venne in testa di scaricare gli Ash, in memoria di una bella estate, quella del '96, lavorando a Cervinia conobbi Manuela di Torino, erano il suo gruppo preferito, Oh yeah, Burn baby burn e Goldfinger facevano da colonna sonora alle nostre serate al pub in centro del paesino con felpa e giubottino in pieno agosto per il freddo che c'era. Di Manuela come contatto mi era rimasto solo il suo indirizzo e-mail che aveva segnato in una cartolina l'anno precedente, le scrissi subito per dirle che l'aspettavo ancora in Sicilia,  mi rispose con freddezza dopo qualche mese, in realtà lei era da tempo solo il ricordo di un'estate, ma mi divertiva un mondo sapere che anche dall'altra parte dell'Italia i miei saluti potevano arrivare in tempo reale. Ero diventato un grande fruitore delle e-mail, anche con i miei amici stessi, per darci appuntamento ne mandavamo una anzichè magari usare un sms al telefono. Al mio computer nuovissimo e veloce venivano a consultarsi parecchi amici, i gemelli scoprirono e-bay a casa mia, e dopo neanche un anno ci avevano fatto una società di  import-export su film, fumetti e giocattoli vintage. Con Angelo facevamo delle ricerche su demoni e fantasmi per un'idea di scrivere un corto horror da girare nella casa antica di alcune amiche studentesse dalle parti del Vittorio Emanuele, adesso è il presidente degli IdP (Indagatori del Paranormale), fa il relatore a stages e convegni ed è presenza quasi fissa in tv con Mistero. Con Giacomo si giocava a fare poster con le nostre foto ed i personaggi dei cartoni, poi finì a fare il grafico pubblicitario in un giornale. E tante altre cose ancora, che però mi fecero abbandonare salvate nella loro cartella le mie velleità di scrittore, e quando un giorno l'antivirus Norton mi ricordò che bisognava rinnovare l'abbonamento ed il sottoscritto non conosceva ancora l'importanza di quelli free, il mio hard disck decise di fare come fece lo zio Albert di Candy Candy, ovvero perdere la memoria. In un negozio chiamato LGM mi garantirono una formattazione completa con il recupero del più grande numero di dati possibile, quando tornai in possesso del mio computer formattato non era rimasto più nulla. Ho avuto la mia occasione per fare lo scrittore, pensai, non l'hai voluta sfruttare, ora è inutile rammaricarsi. Certo, aver avuto confidenza con il mondo di internet e dei computer mi è servito parecchio, in ogni lavoro che andavo a fare mi sono trovato sempre avvantaggiato rispetto ad altri, ma se fossi diventato scrittore? Continuo a leggere romanzi che avrei potuto scrivere benissimo anche io, me ne vengono a milioni di idee sulle quali provare a battere subito due righe prima di dimenticarle del tutto, e come me ci saranno centinaia di persone, chissà quante belle cose avremmo potuto scrivere, chissà quante emozioni che sono rimaste chiuse in un cassetto o dentro una cartella sul desktop, chissà quante se ne saranno perse formattando memorie.
(un pò di pubblicità occulta)

Volendo adesso grazie sempre al mondo di internet, ci sono parecchi siti dove puoi mandare le tue cose e fartele pubblicare, spendi quanto necessario e puoi decidere se farne una copia strettamente personale, o mettere in vendita, magari poi si potrebbe casualmente arrivare ad una casa editrice seria, e iniziare una nuova carriera alla faccia di Andrea De Carlo o Chiara Palazzolo. Magari un giorno lo faccio, potrei riscrivere quanto scritto all'epoca di Oscar Firmian perchè qualcosa me la ricordo ancora, potrei svegliarmi una mattina con una storia intera nuova di zecca o potrei scrivere semplici racconti, potrei raccogliere le fiabe che mi invento per la mia piccina o anche ricopiare solo i post di questo blog, così tanto per farmi stampare un bel libro con il mio nome stampato sulla copertina e sul bordo e potermi vedere sulla mia libreria tra Brizzi, Ammaniti e Baudelaire, così potrei sempre illudermi, che anche se per un momento solo, anche Ciccio Mangiò è stato uno scrittore.

martedì 11 ottobre 2011

Se ti dicessi



...e se ti dicessi che nonostante tutto, questi sono stati i tre anni più belli della mia vita?

Se ti dicessi che non sono le parole, non sono le situazioni, non sono i momenti ma sono i gesti quelli che ritengo più importanti nella mia vita?

Un sorriso, una mano che si stringe, un bacio dato ad occhi chiusi...se ti dicessi che sono questi che mi rendono gioiosa la vita?

Se ti dicessi che noi siamo sempre quelli di quella foto la ma visti da una prospettiva diversa?

Se ti dicessi che noi siamo sopratutto quelli di questa foto anche contro tutto e tutti?


Se ti dicessi che nella vita si sbaglia, ma chi non sbaglia non cresce, e chi non cresce non campa?

Se ti dicessi che ci sono mattine che non vedo l'ora di andare via?
Se ti dicessi che arrivato al cancello mi sono già pentito di non aver preso un giorno di malattia?

Se ti dicessi che ho pensato tante volte di andare via?
Se ti dicessi che certe volte è difficile?
Se ti dicessi che certe volte l'aria è così pesante che mi manca il respiro?
Se ti dicessi che senza di te mi manca il respiro?
Se ti dicessi che se anche lo stipendio non basta io sono ricco e non lo so?

Se ti dicessi che so che ti ho fatto stare male tante volte, ma sono stato tanto male anche per te?

Se ti dicessi che ti trovo bella ogni giorno come la prima volta?
Se ti dicessi che ti guardo spesso come quando ti vidi la prima volta per intero?

Se ti dicessi che ti amo?

Se ti dicessi che non sono bravo con le parole, e tu lo sai, non sono bravo ad esprimermi, e tu lo sai, sono bravo in tante cose, ma tu questo lo sai?

Se ti dicessi che quando facciamo qualcosa solo io e te ci viene sempre divinamente bene?

...e se ti dico, tanti auguri!!!

Buon anniversario amore mio, non può piovere per sempre...

mercoledì 5 ottobre 2011

Storia di Sara (o chi per lei)

Prima di raccontarvi la triste storia di Sara è importante premettere una cosa: non ho le fonti necessarie per dimostrare che si tratta di una storia vera, per questo rispetto a quanto mi hanno raccontato proverò a non fare nomi, luoghi, fatti collegati, eviterò per quanto mi sarà possibile collegamenti, mi limiterò a raccontare una storia, magari un pò lunga, che magari avranno già raccontato o racconteranno altri blogger, altre persone, forse qualche giornale, magari anche loro ometteranno ciò che sto omettendo io, forse avranno più coraggio o fonti certe e faranno nomi e cognomi, la mia sarà solo una storia, forse vera, ma che spero aiuti a riflettere.
E' una storia che gira da qualche giorno presso noi blogger più o meno letti, di quelli che a cui piace raccontare un pò di tutto. E' una storia che parla di violenza e religione, lo dico adesso, così se l'argomento risulterà troppo forte siete ancora in tempo per interrompere la lettura, magari eviterò particolari cruenti, ma è giusto anticipare adesso ciò che di seguito sarà scritto.

E' la storia di una ragazzina, che noi chiameremo Sara, cresciuta sotto una rigida educazione religiosa da una coppia di genitori praticanti evangelici. Giorno dopo giorno le imposizioni religiose hanno scandito il trascorrere della sua giovane vita, durante la settimana in chiesa almeno tre pomeriggi, la domenica doppia razione, mattina e pomeriggio, in più incontri periodici con i gruppi che ogni comunità forma per ogni fascia d'età, campi estivi ed altre svariate forme di aggregazione dentro la cerchia chiusa della comunità. E' inutile dire che i rapporti sociali al di fuori della sua comunità evangelica erano tassativamente banditi fin dalla tenera età, niente festicciole di compleanno con i compagni di scuola, niente festicciole a scuola, niente recite, niente gite, solo formali rapporti ciao e ciao. Ovviamente a Sara tutto questo importava poco fino a quando era bambina, non aveva ancora un'età che le permettesse di fare ragionamenti propri, elementari e medie scorsero via tranquille. Arriva il liceo, e le cose piano piano cambiarono, per Sara diventa impossibile socializzare, e per un'adolescente socializzare non è che sia importante, è fondamentale. E mentre tutte le altre compagne di liceo sono libere di vestire come vogliono, di uscire insieme al pomeriggio, di parlare al telefono, a Sara tutto ciò non è concesso, ha sempre la sua chiesa per socializzare, le rispondo i genitori. Sara non accetta tutto questo, il suo desiderio è semplicemente quello di essere come tutte le altre ragazze, che male farà al suo Dio se mette un jeans come tutte le altre, se porta una borsa colorata o se passeggia in centro nel pomeriggio con altre ragazze come lei...
Ovviamente Sara non è l'unica ragazzina a soffrire per questa condotta di vita, viene a sapere che un'altra coetanea della stessa scuola ma di un'altra comunità, Laura, è in costante lotta con la madre per lo stesso motivo, le due diventeranno molto amiche, ed insieme studiano, progettano, pianificano, come, dove e quando poter iniziare finalmente un pò di vita da ragazze normali. I genitori di Sara benedicono l'amicizia nata con Laura, nell'ambito delle comunità evangeliche c'è molta concorrenza tra una chiesa e l'altra, Sara promise ai suoi genitori che presto tutta la famiglia di Laura si sarebbe unita in blocco alla loro comunità, facendoli ben figurare al cospetto del pastore della loro. Così il padre di Sara ogni pomeriggio libero da impegni di comunità era ben felice di accompagnare Sara a casa dell'amica e di andarla a riprenderla la sera stessa, pregustando il momento quando davanti a tutta la comunità il suo pastore si complimenterà con loro per aver portato nuove pecorelle al gregge. Il papà di Sara forse non sapeva che Laura aveva solo la madre, il padre è morto sul lavoro qualche anno prima, e pur imponendo lo stesso tipo di educazione, non pressa la figlia come lui fa con Sara, la signora fa il medico in ospedale, è soggetta a turni e adesso che Laura ha la compagnia non si preoccupa di lasciare le due ragazze sole per qualche ora. Quelle ore sono il giusto tempo che serve alle ragazze per godersi un pò di vita, prendono l'autobus e scappano in centro. Con molto coraggio e molta fortuna iniziano a rubacchiare vestiti, trucchi e borsette ai grandi magazzini, sanno che ci sono già loro compagne che fanno l'amore con i fidanzati, ma non vogliono arrivare a quello ma almeno a farsi notare un pò dai loro compagni. Sanno che molte di quelle ragazze fanno già tardi in discoteca, a loro non interessa nemmeno quello, basterebbe stare in giro fino alle otto, non chiedono altro. E così ogni volta che possono volano via, hanno nascosto gli zaini con la loro roba nei pressi della scuola, si cambiano in un bar, se qualcosa scompare cercano di riaverla il prima possibile, rubacchiano qua e la nei grandi magazzini o da qualche borsetta aperta sull'autobus, magari non sarà il modo più onesto di riprendersi la loro vita, ma non le hanno mai beccate, giurano che prima o poi ripagheranno con opere di bene che nessuno potrà neanche immaginare. I loro pomeriggi sono quasi da favola, hanno trovato una comitiva, un muretto dove stazionare, una via piena di negozi dove fare le vasche, qualche ragazzino pulito che scambia con loro sorrisi e che iniziano a stringere per mano, il loro piccolo sogno è diventato realtà, le piccole cenerentole che sembravano dimenticate e di cui in realtà siamo ancora pieni. Ma come per cenerentola, il sogno finì a mezzanotte, una guardia giurata le sorprende mentre cercano di portare via un mascara dal grande magazzino, le fermano e dal controllo di vecchi video girati dalla telecamere interne riescono a risalire ai furti precedentemente fatti dalle ragazzine un pò di tempo prima. Le ragazzine vista l'età verranno poi riconsegnate alla famiglia, sarà quello l'inizio della fine.  Suo padre la picchiò più volte, chi vide Sara in quel periodo non potrà mai dimenticare le varie ecchimosi, i lividi ed i rossori, non potrà dimenticare la sua faccia afflitta. Sara smise di andare a scuola, di andare in chiesa, di vedere o sentire Laura, di vedere TV o leggere libri e riviste, Sara smise di uscire dalla sua stanza, di aprire la finestra, Sara smise di parlare, Sara smise di ridere. Non potendone più di vederla in questo stato, suo padre si armò di coraggio e decise di parlare al pastore di Sara, della sua situazione, e chiese aiuto a quello che era la massima istituzione della sua chiesa. Gli incontri strettamente privati iniziarono dopo qualche settimana, il tempo di far riprendere fisicamente la ragazza, dapprima insieme a tutta la famiglia, poi solo con Sara e la madre, dopo qualche giorno il pastore insistette affinchè potesse vedere Sara da sola, per almeno un mese, ogni sera. Il pastore non si soffermava del perchè dei furti, su cosa spingesse la ragazza a farli, cosa spingesse Sara a cercare di cambiare vita, no, il pastore dopo un pò di incontri cominciò a soffermarsi su cose piuttosto intime. Chiese se provava piacere a mettere jeans a vita bassa, chiese se provasse piacere nel portare biancheria intima un pò più particolare, chiese se le piaceva che i ragazzi la guardassero, se non desiderava che i ragazzi la toccassero. Gli chiese di portare gli stessi vestiti che metteva ogni volta che andava in centro, la faceva spogliare e rivestire più volte, dicendo che gli serviva vedere per capire. Iniziò a riprenderla con una telecamera, pomeriggi interi di riprese di Sara che smetteva gonne lunghe e camicioni per mettere jeans e toppini, faceva togliere la biancheria dozzinale per farle mettere quella che aveva preso dagli scaffali dei grandi magazzini. Poi iniziò a toccarla, palpeggiarla, sempre più pesantemente, sempre in parti più intime, Sara piangeva, piangeva, piangeva, ma nessuno ascoltava il suo pianto, quando riuscì a trovare un pò di coraggio e sconfiggere la vergogna parlò alla madre di quello che faceva ogni sera col pastore. Ovviamente, non le credette, lo considerarono un vaneggiamento della ragazzina, solo per aver provato ad immaginare ciò che diceva il padre la punì tornando a picchiarla di nuovo. Il pastore dal canto suo insinuò nei genitori la malsana idea che Sara potesse essere addirittura posseduta, che non c'era tempo da perdere, che bisognava portare immediatamente Sara in provincia per alcuni giorni, che assieme ad un pastore di una chiesa locale esperto in esorcismi avrebbero fatto di tutto per far tornare Sara la ragazza di una volta, chiese di anticipare soldi, molti soldi, che per fare un esorcismo d'emergenza ci sarebbe voluto una quantità di materiale enorme che non si poteva comprare alla bottega sotto casa. Presero Sara di notte, nel sonno, incappucciata e legata, la chiusero in macchina e la portarono via, in una casa sperduta, in campagna. Per due giorni non vide e non sentì nulla, fu chiusa in una stanza con i viveri necessari per andare avanti, poi venne il pastore e non era solo, con lui altri quattro uomini, uno sconosciuto, gli altri già visti in chiesa, noti e stimati professionisti, avevano speso i soldi del padre in bottiglie di vino, carne per la brace e cocaina, fino ad un certo orario stesero nella sala di quella casa a mangiare, bere e guardare partite di calcio in TV, poi il pastore aprì la stanza, sul comò divise la cocaina in varie strisce tutti entrarono uno per volta a consumare la loro dose, guardando Sara, esprimendo commenti, ridendo sotto i baffi, obbligarono Sara a provare a tirare su una striscia. Dopo una mezz'ora pur non avendo perso i sensi, Sara si trovò senza forze ed incapace di agire o muoversi, gli uomini eccitati dalla sniffata iniziarono ad abusare di lei dapprima uno per volta, lo sconosciuto in quanto padrone di casa si assunse il diritto di abusarne ancora una volta, il pastore acconsentì, ma volle la ragazza tutta per se per il resto della notte, dove provò ancora ad abusare di lei più volte. Restò sola per altri due giorni, dopo di che la comitiva tornò ed abusarono ancora di Sara per un'altra notte. La mattina seguente uno degli uomini, un medico, visitò Sara e disse agli altri di lasciarla stare per una settimana almeno, dopo di che sarebbe stato difficile riscontrarne i segni di violenza. Restò sola il tempo necessario stimato dal medico, ricevette una sola visita da parte del pastore, gli confidò che lei ormai era sua, che i suoi genitori erano dentro un suo pugno e che era inutile provare a parlare o raccontare qualcosa, nessuno le avrebbe creduto, nessuno le avrebbe dato aiuto, il suo dovere era quello di ritornare a casa ed essere la stessa e devota credente di prima, e di restare disponibile a partecipare a riservatissimi incontri nel caso al pastore ed ai suoi amici fosse tornata la voglia di fare ciò che le avevano già fatto.
Sara restò ferma ed immobile a guardare il soffitto, senza mangiare e senza bere, in attesa solo di tornare a casa, aveva un unico e solo pensiere: quello di farla finita.
Fuori era freddo, c'era la neve, il pastore dava per certa l'immobilità di Sara in quella casa dell'orrore, non aveva previsto particolari accorgimenti per un'eventuale fuga. Sara non ci pensò due volte, si butto dalla finestra, si fece male ad un piede, ma non provava altro dolore se non quello dell'anima. Vagò per le stradine di campagna, trovò una strada asfaltata, la seguì, arrivò al primo paesino utile, vestita solo di ciò che restava della sua biancheria e del lenzuolo che aveva strappato dal letto. Non vide e non passò nessuno, non era ancora notte fonda quando si fermò in una piazza, volle riposare un attimo, prima di andare a cercare un appiglio, un dirupo, una qualsiasi cosa o situazione che potesse mettere fine alla sua triste vita. Per sua fortuna perse i sensi, quando si risvegliò si trovò intubata in un letto di ospedale, accanto a lei un numero imprecisato di persone, una di queste, una donna elegante, le chiese cosa fosse successo, se ricordava chi fosse e se riusciva a parlare. Non credeva di averne il coraggio, ma ci riuscì, a parlare, a raccontare la sua triste odissea, il suo sogno spezzato di vivere come tutte le altre ragazze. Partirono immediatamente indagini e controlli, c'erano ancora tracce dei suoi aguzzini nel piccolo corpo di Sara, il pastore venne fermato proprio mentre intendeva recuperare Sara assieme ad uno dei quattro amici di sventura, purtroppo degli altri due non si riuscì a fare nulla, uno di loro era un pezzo grosso della prefettura locale. Grazie ad appoggi e coperture di altri confratelli si riuscì ad insabbiare il caso, senza dare la giusta copertura o il giusto risalto che una tragedia del genere avrebbe meritato, il pastore è stato condannato a soli tre anni, forte delle sue amicizie riuscirono a far passare Sara come una ragazza mentalmente instabile. Tra qualche mese il pastore potrebbe essere fuori, molti dei suoi fedeli sono ancora convinti che si trovi a Roma a ricoprire chissà quale importante carica del potere evangelico. Sara non c'è più, la vedi in giro ogni tanto, ma dentro il suo corpo non abita più nessuna anima, vaga da un pò cercando la pace, e pare che dovrà ancora cercare per molto. Sulle altre persone poco si sa, forse erano ancora più ammanigliati del pastore, rimane comunque una storia "raccontata", è tutto ipotetico, è tutto in aria. Ma è una storia che ci andava di raccontare, non si fa altro che sentire di preti pedofili, imam violenti, pastori aguzzini, e poi non so più, il succo è che raccontandola abbiamo voluto sottolineare che chi detiene il potere religioso, qualunque esso sia, detiene un potere che va oltre la religione, e siccome questo è un potere troppo grande per certi uomini, allora ecco che questo potere inizia ad essere deviato, contorto, atroce.
Diventa un potere violento, che può annientare la vita di Sara o di chi per lei, o di tante altre Sara o chi come lei, e non tocca per nulla coloro che di un Dio dovrebbero portare la voce, e invece portano solo la spada, spada che solo Dio potrà loro puntare contro, perchè all'uomo senza potere, questo non è concesso.

lunedì 19 settembre 2011

Ma questo qui chi l'ha voluto?

Lo vedete quest'uomo quassù?
Sappiate che io personalmente non lo posso vedere.
Mi sia passata la coerenza, non l'ho mai potuto vedere, non mi sono mai fatto ammaliare dalle sue promesse vane, dalle sue TV, dalle sue bugie, dal suo protagonismo, ho sempre pensato di lui che fosse un gerarca potente e colluso che con mezzi economici mai visti prima si è comprato un paese per difendere i suoi interessi e di tutti quelli che come lui hanno soldi e potere.
Nel bene, ma sopratutto nel male, quest'uomo è stato il protagonista della scena politica italiana degli ultimi vent'anni, i peggiori vent'anni dell'Italia da quando è un paese unito, forse anche peggio del ventennio fascista, per un semplicissimo motivo, allora i nostri nonni erano consapevoli di essere sotto ditattura, adesso siamo sotto dittatura, ma non lo possiamo dire.
Adesso io non è che voglio fare la cronostoria dei danni fatti da quest'uomo nei confronti dei cittadini in questi vent'anni, più che un blog mi ci vorrebbe un'enciclopedia, voglio soltanto pormi una domanda: ma questo qui chi l'ha voluto?
Io l'ho detto e sono coerente, ma quante persone si sono pentite adesso di avergli regalato un paese? Con chiunque parli adesso nessuno l'ha quasi votato, gente che fino a 2 mesi fa l'osannava baciandone la fotografia adesso viene fuori dicendo che al massimo l'avranno votato una volta ma più di dieci anni fa, signori dov'è la vostra coerenza?
Lo schifo dell'ultima manovra finanziaria non lo ha potuto coprire neanche con le sue televisioni, ormai tutti hanno visto come ogni volta che l'Italia ha bisogno di soldi, viene colpito il popolo, ed il popolo siamo noi.
Non è popolo l'evasore fiscale, per loro hanno fatto lo scudo così da poter far rientrare, ovviamente esentasse, tutti i soldi che disonestamente hanno rubato e messo all'estero, mentre a noi dipendenti aumentano l'IRPEF sulla busta paga per la seconda volta in tre anni.
Non è popolo chi ha un patrimonio personale da più di un milione di euro, per questi si era ipotizzato prima la tassa di solidarietà, poi la patrimoniale, poi hanno deciso che era meglio lasciare stare, aumentiamo l'IVA a chi cerca di campare con mille euro al mese.
Non è popolo la casta della politica, alla quale non è stato tagliato niente, ogni giorno vengono fuori benefici su benefici mentre ai dipendenti pubblici e privati bloccano i contratti e la speranza di un aumento per i prossimi quattro anni.
Non è popolo quello dei menager e dei finanzieri, ai quali il governo blocca gli stipendi (quelli soggetti a tasse) ma aumenta fino al 200% benefit e premi (ovviamente esentasse), mentre alla gente normale aumentano mutui ed interessi sulle rate da pagare.
Non è popolo quello dei calciatori, ai quali viene perfino permesso di scioperare senza che nessuno gli dica nulla, mentre quando sciopera un impiegato tolgono cento euro tonde tonde con le quali avrebbe fatto mangiare la famiglia per qualche settimana.
Non è popolo quello dei personaggi della TV, che ogni anno firmano contratti milionari per fare porcate nelle sue TV alla faccia di chi fa le rate per comprare il digitale terrestre.
Non è popolo quello dei mafiosi che grazie ai loro voti di scambio li mandano al potere arricchendosi con i fondi dello stato, e milioni di persone sono ancora senza lavoro.
Il popolo è chi si spacca la schiena un mese intero in attesa di un bonifico che se tutto va bene entro una settimana già sarà sparito, e poi farà i salti mortali fino al mese successivo, il popolo si spacca il sedere una vita cercando di andare in pensione, da oggi la daranno anche a Cicciolina solo perchè per cinque anni ha evitato di farselo spaccare, tremila e passa euro al mese come ex parlamentare, a questo punto diamo la pensione a tutte le prostitute d'Italia, cominciassero a versare i contributi loro, vedi come si andrebbe a ripianare il deficit...
Da ciò che si sente in giro, oggi finalmente qualcun'altro ha visto ciò che noi vediamo da vent'anni a questa parte, allora, me lo dite chi l'ha voluto quell'uomo lassù o provate vergona?
Nella vita si sa, di errori se ne fanno parecchi, ma mai guardarsi indietro e provare vergogna per gli errori fatti, casomai vergognatevi se questi errori andate a farli di nuovo e consapevolmente...

martedì 13 settembre 2011

Cinque messinesi più famosi di tutti i tempi: Francesco Lo Sardo

"A nome di tutto il gruppo degli imputati siciliani, dichiaro che noi siamo fieri di essere processati per la nostra attività comunista. Questo processo dimostra che i lavoratori del mezzogiorno non sono secondi a quelli del settentrione nella lotta contro il fascismo. Almeno mi sia concesso di dire che sono orgoglioso di essere processato perché comunista, che sono orgoglioso di portare dinanzi a questo tribunale trenta anni di attività politica spesa al servizio dei lavoratori dell'Italia meridionale".
Se andiamo a piazza del Popolo, con grande sorpresa troviamo delle tabelle con su scritto piazza "F. Lo Sardo", convinti che il comune abbia sbagliato percorriamo la rotonda e andiamo avanti, senza neanche chiederci chi sarà mai questo Lo Sardo. In effetti il comune ha sbagliato di grosso, perchè ad un personaggio del genere nn puoi dedicare una piazza col nome già radicato dal corso degli anni, meriterebbe qualcosa di più. Solo che di più Messina non gli può dare, sapete perchè? Perchè Francesco Lo Sardo fu un comunista, di quelli storici, il primo deputato comunista venuto dalla Sicilia. Che abbia combattuto una vita intera al fianco dei contadini e dei poveri nessuno lo ricorda, che sia stato l'unica persona vigile contro il mangia mangia della ricostruzione nn lo ricordano neanche, in una città massone, bigotta, destrofila e collusa come Messina ci ricordiamo solo che era un comunista, allora meglio non esagerare, ricordiamolo in maniera soft così nessuno potrà dirci niente...
Francesco Lo Sardo nacque in provincia, a Naso precisamente, il 22 maggio del 1871, da una benestante famiglia borghese che impose gli studi clericali presso il seminario di Patti. Lui però nn essendo avvezzo a quel tipo di situazione alla fine decise di spostarsi verso Messina, studiando al liceo prima e frequentando poi brillantemente la facoltà di Giurisprudenza. In quel periodo il giovane Lo Sardo prese coscienza delle proprie idee, decise di privarsi delle ricchezze familiari ed assieme al caro amico Giovanni Noè diventò subito personaggio di spicco della scena anarchico-socialista di una città all'epoca molto fervente politicamente. Fonda sia un giornale, "Il Riscatto", che il primo circolo anarchico di Messina, affianca i contadini nella loro lotta contro lo sfruttamento dei "baroni", si unisce al movimento dei fasci siciliani (ricordiamo che all'epoca i movimenti dei "fasci" erano di ispirazione socialista), organizzando operai e contadini fondò il Fascio Operaio Siciliano e per questo a soli 23 anni viene arrestato per la prima volta e confinato nelle isole Tremiti. Il suo primo esilio durò solo 4 mesi, studenti, professori e qualche deputato nazionale, con una petizione popolare riuscirono a far scarcerare Lo Sardo, che rientrato a Messina, riuscì finalmente a laurearsi, una volta diventato avvocato, dedicò la sua intera professione a difesa di poveri, oppressi e sfortunati, anche per questo veniva ancora visto come sovversivo ed arrestato nuovamente nel 1898. Venne recluso per un breve periodo nel carcere di Napoli, restò quindi sotto il Vesuvio anche fuori dal carcere per continuare la sua battaglia, continuando a scrivere per "Il Riscatto" cambiando però posizione, passando dalle idee puramente anarchiche a quelle di un socialismo più organizzato e vicino alle lotte contadine.
"Addentare la pietra che ci colpisce senza toccare la mano che l’ha lanciata."

Nel frattempo Lo Sardo mise su famiglia con la quale decise di tornare a Messina agli albori del 1903, nella nostra città continuò senza sosta la sua lotta al fianco delle classi più deboli, sia da letterato che da avvocato, il terremoto del 1908 privò Lo Sardo dell'amatissimo figlio Ciccino, la tragedia lo segnò ma nn ne attenuò lo spirito battagliero, i sui articoli denunciarono di continuo come la chiesa e la borghesia messinese chiudessero sempre un occhio alle speculazioni che le imprese del nord operavano in fase di ricostruzione, inimicandosi buona parte della scena politica messinese. Sue erano le lotte anche contro l'ingresso dell'Italia nella prima guerra mondiale, ecco perchè suscitò stupore il suo arruolamento volontario del 1915, la guerra fu crudele con lui, pagherà per tutto il resto della sua vita le conseguenze di una grave ferita al petto sul Col di Lana. Tornato nel 1916 a Messina, a capo della camera del lavoro, guiderà le occupazioni delle terre incolte da parte dei contadini, facendosi così notare dal regime fascista che dal 1919 inizierà a perseguitarlo per la sua attività a favore delle classi più bisognose. In quegli anni Lo Sardo abbandona le idee socialiste perchè deluso dai programmi e dalla risposta iniqua che i socialisti diedero al regime, si iscriverà al partito comunista diventandone un elemento di spicco, nel 1924 con un plebiscito di quasi diecimila voti, un utopia per un oppositore ai tempi del fascismo, verrà eletto alla camera dei deputati e ricordato come il primo comunista siciliano. Nonostante l'immunità parlamentare, il regime fascista che aveva sempre ostacolato l'attività politica di Lo Sardo lo arresterà nel 1926, per aver aderito alle direttive che il partito Comunista ha diramato dal congresso di Lione, in Francia, spostandolo da un carcere all'altro: Messina, Catania, Roma, Sassari, Oneglia e tante altre. A Turi, nei pressi di Bari, condivise la prigionia con Antonio Gramsci, Lo Sardo pur gravemente malato si rifiutò di ascoltare i consigli del compagno di cella e di chiedere la grazia, "Hanno voluto la carne? Si prenderanno anche le ossa" fu la risposta di Lo Sardo. Fu trasferito per l'ennesima volta al carcere di Poggioreale, a Napoli, dove trovò la morte il 30 maggio del 1931, morte che passò inosservata in Italia, ma che ebbe grande risalto in Francia, dove il quotidiano "L'Umanitè", appena appresa la notizia (un mese dopo circa) dedicò addirittura l'apertura della prima pagina, dopo averne precedentemente seguito e documentato la prigionia.
Di Lo Sardo troviamo note, ricordi e biografie un pò in tutto il paese, la sue lotte civili sono  state fonte di ispirazione non solo alla classe dirigente comunista che venne fuori nel dopoguerra, di lui si occuperanno in seguito anche grandi statisti di ispirazione cattolica, ma non avendo letto questa notizia da una fonte confermata, preferisco evitare di citare nomi.
Nella sua città in pochi sanno anche che sia esistito, sarebbe giusto riabilitare la sua figura di grande messinese, indipendentemente dal credo politico, perchè Lo Sardo ha passato la vita lottando non per quelli di sinistra o per quelli di destra, ma semplicemente lottando per il popolo.


martedì 6 settembre 2011

Sciopero (!?)

Premetto: io sono una persona di sinistra.
Nei valori della sinistra ci credo e ci spero per il futuro, specie adesso che ho famiglia.
Negli uomini nuovi della sinistra vedo gli unici politici in grado di portare aria nuova, sperando che quando non saranno più tanto nuovi non si perdano strada facendo come hanno fatto quelli vecchi.
Nel sacrosanto diritto allo sciopero della sinistra ci vedo l'unica forma di protesta civile in grado di poter lasciare il segno, ma dev'essere una lotta unitaria, perchè tutti i cittadini hanno un solo fine, andare da soli contro i mulini a vento denota coraggio, ma per quanto si possano rimepire le piazze non ci sarà comunque quella forza capace di far crollare il palazzo.
Oggi la sinistra è in piazza quasi compatta a fianco della CGIL, unico sindacato con attributi che urla ai quattro venti come ancora una volta questo governo in un momento di piena crisi riesce a fare economia solo sulle spalle di lavoratori e pensionati, sulle spalle dei cittadini che faticano ad arrivare a fine mese, senza mai intaccare la ricchissima classe politica, la finanza, insomma, chi ha un reddito bello alto può continuare a dormire sonni tranquilli che a difendere l'economia italiana ci pensa il popolo onesto e sottopagato.
Il governo si è inventato l'art. 8, che permette alle società private e statali di licenziare i lavoratori senza addurre nessuna motivazione, e proprio oggi quest'articolo verrà discusso in senato, dovrebbero essere tutti i sindacati a fare ferro e fuoco ed impedire questo scempio vergognoso, ma qui in Italia succedono sempre delle cose un pò strane.
Io purtroppo sono forzatamente un iscritto ad altro sindacato, la CISL, non per motivi ideologici ma per meri interessi d'ufficio in ufficio, ecco il mio sindacato, così come l'altro grosso sindacato a livello nazionale, la UIL, si sono vergognosamente fatti fuori, denigrando la CGIL per lo sforzo fatto, vantandosi di soluzioni e proposte alternative che valgono quanto l'aria fritta, in parole povere leccando vergognosamente il culo al governo alla faccia dei lavoratori iscritti.
Lo dimostra il fatto che in due anni di contratto scaduto nessuno di CISL e UIL si è mai permesso di fare un appunto alla dirigenza, sia nella mia che in tutte le altre aziende parastatali nell'ambito dei trasporti, alla faccia dei lavoratori iscritti, che vedono aumentare tutto attorno a loro tranne il loro stipendio, ai quali hanno tolto straordinari, bonus, incentivi, che si sono concentrati tutti nelle tasche di quei dirigienti pappa e ciccia con gli "amici" del sindacato. Il mio sindacato da quando sono iscritto ha fatto gli interessi della società e mai degli iscritti, tranne quelli che volevano aggiungere potere al loro potere.
Purtroppo la loro vergognosa assenza rende vano lo sciopero di oggi, o almeno secondo me, è inutile che una sola forza sindacale, per quanto sia la più grossa ed importante in Italia, scenda in piazza: potrà fare sentire la sua voce, ma non sarà di grande aiuto per il paese. Uno sciopero, per essere tale, per fare in modo che incida sulla politica del palazzo, deve riuscire a bloccare il paese e non per un giorno solo, come succedeva negli anni'70 o come succede tutt'ora in mezza Europa.
Quindi pur essendo con loro con il cuore, materialemente sarò in ufficio come ogni giorno a fare il mio dovere, a leggere le cazzate che il mio responsabile sindacale manda via mail alla faccia di chi scende in piazza per il proprio paese, ci credo ma così secondo me è tempo perso.
E mi fa una rabbia tremenda pensare che solo una settimana fa privilegiati calciatori si sono permessi di non scendere in campo e di fare il loro sciopero contro una tassa chiamata contributo di solidarietà che il governo gli ha pure tolto, bloccando per tre giorni l'intera informazione italiana, senza alcun danno patrimoniale per loro, mentre chi scende in piazza oggi si ritroverà a fine mese cento euro in meno in una busta paga già striminzita, alla faccia di quei sindacati, compreso il mio, che guardano e leccano il culo del padrone.
Se oggi non sono in piazza non è perchè il mio sindacato mi ha chiestodi non farlo, è solo perchè ritengo che se non blocchi il paese oggi sarà solo una giornata con piccoli disagi e prime pagine al telegiornale, ma sarò sicuramente con chi prenderà posizione e bloccherà il paese una volta per tutte a difesa dei lavoratori, sperando che per fare questo, non debba attendere di essere pesnionato.

lunedì 5 settembre 2011

Cinque messinesi più famosi di tutti i tempi: Franco Scoglio


I se e i ma nel calcio non contano.
Non è una citazione da commentatore qualunque, è l'ipse dixit del Professore, lo stesso Professore che non amava parlare "ad minchiam" e che pensava che Gesù fosse tifoso del Genoa, lo stesso Professore di cui su internet trovi addirittura una pagina di citazioni degna dei migliori aforismi di Oscar Wilde.
Di "Professore" nel calcio ne abbiamo avuto solo uno, e dubito che ne nascerà un altro, l'unico Professore era il compianto Franco Scoglio, ed era messinese.
Nel calcio un personaggio come lui era di sicuro un valore aggiunto, sempre sopra le righe, sempre arguto, sempre sensato, amato ovunque abbia svolto la sua professione, di allenatore o di commentatore. Nel calcio un personaggio come lui non ci sarà più perchè il calcio è un mondo stereotipato che annebbia le menti del popolo in crisi, le voci fuori dal coro non fanno mai successo perchè hanno sempre fatto paura.
Nel calcio lui ci è arrivato quasi per caso, avrà giocato al massimo nei campi in terra di Lipari o delle cittadine più scalcinate di Messina e provincia, lui aveva altri obiettivi nella vita, meno male che il destino ha deciso di fargliene raggiungere altri.
Della sua vita al di fuori del campo non è che si è mai saputo molto, le normali fonti tipo Wikipedia hanno messo il minimo indispensabile, e su internet trovi al massimo appunti delle tifoserie che a lui sono state sempre legate, quelle del Messina o del Genoa. Sappiamo che nacque a Lipari nelle Eolie il 2 maggio del 1941, che si è diplomato ISEF iniziando subito ad insegnare nelle scuole medie, da qui naque il suo nomignolo di Professore, ben prima della laurea in pedagogia che citeremo tra non molto.
Dopo essersi fatto le ossa con i giovani di una marea di squadrette in provincia, arrivò nel 1972 il primo incarico di allenatore "vero e proprio" alla guida delle giovanili della Reggina, mentre l'anno dopo esordirà come tecnico in serie D nella panchina della Gioiese.
Nel '74 il primo approccio con la panchina del Messina, dove con una squadra imbottita di giovani provenienti da categorie inferiori si è piazzato ad un ottimo sesto posto dell'allora C2. Torna in serie D per allenare senza grossi risultati la Gioiese prima e l'Acireale poi, tornando in serie C con lo Spezia nel 1977. Nel '78 è di nuovo a Reggio e disputa un campionato strepitoso portando al 5° posto la squadra dell'altra sponda, nel 1980 finalmente il grande ritorno a Messina in C2 dove tutti lo aspettavano per un campionato trionfale che invece si concluse amaramente alle soglie della retrocessione. Nel 1981 decide di tornare tra i dilettanti a guidare il Crotone, ma si dimette prima dell'inizio del campionato per allenare uno dei suoi primi amori, quella Gioiese che contro tutti i pronostici a fine campionato concluderà il suo girone al primissimo posto. Nel 1982 nuovamente a Reggio, subentrando a campionato iniziato e portando gli amaranto ad una comoda salvezza in serie C1, cosa che riesce l'anno successivo anche con l'Agrakas.
Nel frattempo, prende la laurea in pedagogia con il massimo dei voti presso l'università di Messina.
1984: comincia a Messina l'era Massimino, chiama Scoglio perchè considera questa volta i tempi maturi, carta bianca per l'acquisto dei giocatori a lui più graditi, quelli che il Professore amava chiamare "i miei bastardi", costruisce una squadra fenomenale che però alla fine del campionato arriva terza perdendo in extremis la promozione in serie B a favore di Palermo e Catanzaro, che quell'anno non si sono dimostrate più forti dei giallorossi di Scoglio, ma solo più fortunate, con il "palazzo" a loro favore. Ci riprova l'anno successivo, già da inizio campionato il Messina dimostra di che pasta è fatta battendo al Celeste squadre di serie A quali Roma e Brescia e qualificandosi prima nel proprio girone di coppa Italia, unica squadra di C a riuscirci quando ancora si usava la vecchia formula.
Alla fine del 1986 il Messina sarà prima in serie C1, della squadra di Scoglio ne parlano i media nazionali, la gestione maniacale degli schemi specie quelli su palle inattive, il famosissimo "rombo", la grinta e la capacità, fanno del Messina la squadra rivelazione del successivo campionato di serie B, dove stava quasi centrando una clamorosa promozione in serie A, fallita alla fine più per volontà di Massimino che per incapacità della squadra, o almeno così giura la voce di popolo...
Voce di popolo, voce di Dio, un buon Messina l'anno dopo non va oltre il 12 posto, al Professore l'entusiasmo evaporava lentamente dal corpo a causa dei contrasti con il già citato Massimino, non mancano per lui richieste dalla massima serie, nei bar dello sport e negli "endas" a lui dedicati si raccontava che avesse addirittura rifiutato Inter e Fiorentina, nell'estate del 1988 si accasa a Genova, scelta col cuore perchè era l'unica città che gli ricordava la sua Messina. Genova come Messina è una grande città stretta e lunga, tra mari, monti e vallate, con tifoserie molto calde e capaci di un amore ossessivo nei confronti della propria squadra, l'ambiente in cui il Professore si esalta, centra la promozione al primo anno, mentre nel successivo campionato di A il Genoa si salva senza eccessivi patemi. Nel '90 viene chiamato dall'ambizioso Bologna ad una nuova impresa, ma sotto le torri il feeling non sboccia, prima di Natale era già stato esonerato, forse perchè mancava il mare disse lui, senza mare c'era anche Udine nel 1991, però in serie B fa comunque la sua figura, l'Udinese non viene promossa per un soffio. Nel 1992 prende le redini della Lucchese in serie B, anche qui fa il suo onesto lavoro salvando una squadra mediocre, nel '93 torna in riva al mare a Pescara, ma viene presto esonerato, buon per lui, nello stesso anno il suo Genoa annaspava nei bassi fondi della serie A, torna a campionato iniziato, nonostante i problemi societari salva la squadra per due anni consecutivi. Nel '95 arriva a Torino, senza infamia nè lode, cerca il riscatto in serie B tra Cosenza ed Ancona, dove non riesce a finire un campionato.
Tra una pausa e l'altra come allenatore, dopo una serie di ospitate nelle più importanti trasmissioni sportive a livello nazionale, Maurizio Mosca lo vuole come ospite fisso nel suo "A tutto calcio" in onda su Antenna 3 Lombardia che poi smistava il programma a numerose reti private in tutto lo stivale. Non è il solito commentatore, lui è il Professore, con lui non esistevano polemiche fine a se stesse, si distingueva dalla massa per interventi seri e mirati, era difficile contraddirlo o dargli torto, dicevano che lui non ridesse mai, ma era capace di far divertire chiunque, la sua nuova carriera lo ha portato fino alle reti nazionali come perno principale di Controcampo su Italia 1, magari non sarà qualcosa di cui vantarsi, ma lui era li per fare la differenza, ed anche li ci è riuscito.
Il Professore era uno che amava le sfide impossibili, da anni le squadre africane, ricche di talenti ma povere in tecnici ed organizzazioni, cercavano fra gli allenatori non più in auge del vecchio continente un guru capace di poter portare quell'esperienza di cui avevano avidamente bisogno. In Tunisia seguono più la tv italiana che quella locale, i tifosi tunisini si riuniscono a centinaia davanti ai bar per vedere le partite nostrane alla faccia dei loro stadi semideserti. In Tunisia si sono messi in testa di fare il salto di qualità, e nel 1998 chiamano Scoglio per centrare la loro missione. Certo, la decisione del Professore non viene ben vista dall'ambiente, storcono il naso un pò tutti, ma lui prende quella nazionale e per la prima volta, dopo un esaltante girone di qualificazione, la Tunisia arriva a qualificarsi per i mondiali, il Professore ai mondiali, sarebbe stato spettacolo...
Ma lui era una persona che ragionava col cuore, il suo Genoa annaspava in serie B, i tifosi lo invocavano a gran voce, e lui non ci ha pensato due volte: vado a salvarlo disse, ed a fine campionato il Genoa fu salvo, si prospettava un'altra lunga esperienza sulla panchina dei grifoni, ma complice il suo rapporto non idilliaco con il padre-padrone Preziosi, l'avventura finisce lì, alla faccia del mondiale.
Convinto di poter arrivarci in un secondo momento, convinto della bontà del calcio nordafricano, accetta di allenare la nazionale libica, solo che lì non sarà facile come in Tunisia, ci sarà sempre l'influenza della famiglia Gheddafi a sindacare le scelte del Professore, imponendo gioco e giocatori, questo a Scoglio non lo si poteva fare, si dimette lasciando il calcio libico nello stesso pantano in cui l'aveva trovato. Si accasa subito a Napoli, dove disputò le ultime 10 partite della sua carriera senza avere il tempo materiale di lasciare il segno.
Il Professore continua la sua carriera televisiva aggiungendo al suo curriculum anche il sigillo di commentatore principe per Al Jazeera, la principale piattaforma informativa araba su scala mondiale, mentre la sua città, Messina, gli regala la cattedra di Teoria, tecnica e didattica del calcio presso la facoltà di Scienze sportive e motorie: finalmente Professore a tutti gli effetti.
Il 3 ottobre del 2005 mentre si trovava ospite di una trasmissione delle rete genovese Primocanale, il Professore si trova suo malgrado ad essere protagonista di un acceso diverbio in diretta telefonica col già citato Preziosi, all'improvviso si accascia all'indietro e perde i sensi. Nonostante i tentativi di rianimazione da parte degli ospiti in studio ed il tempestivo intervento del 118, il Professore non ce la farà, morirà in diretta e quelle immagini faranno subito il giro del mondo, così da soddisfare quell'informazione italiana avida di scoop e dolore in diretta.
Ancora oggi, se digiti su Google il nome del Professore la prima voce della ricerca è proprio la diretta della sua morte, che schifo di situazione.
Aveva detto che sarebbe morto parlando del Genoa, almeno così cita Wikipedia, e così è stato.
Funerali al Marassi di Genova davanti a 10000 tifosi commossi, qualche giorno dopo stessa scena al Celeste di Messina, davanti ad altrettante persone.
La città sul momento sembrò smobilitarsi sul serio in onore dell'amato Professore, politici in pompa magna parlarono di piazze, strade, parchi, addirittura dello stadio, ricordo ancora quando il solito politichello messinese aveva dato per una pura formalità l'iter per l'intitolazione del San Filippo a Franco Scoglio, solo che oggi, dopo sei anni, sempre San Filippo si chiama.
Il Professore ci ha ricordato ancora una volta, quanto siamo buddaci noi messinesi, che nessuno si offenda, lui era il primo a dirlo.
Fu poi sepolto nella sua Lipari, ricordato e citato da ogni allenatore e commentatore, che sul momento però dimenticano di dire il suo nome quando affermano che nel calcio, come nella vita, i se ed i ma, contano poco.

sabato 13 agosto 2011

Cinque messinesi più famosi di tutti i tempi: Santa Eustochia

L'undici giugno del 1988 era il giorno del mio tredicesimo compleanno. Quella che doveva essere la mia prima memorabile festa da ballo, è fallita tristemente nonostante il giradischi nuovo, la mia prima campana di luci psichedeliche, l'album Go Jovanotti go fresco di pacco ed i primi dischi house portati in esclusiva a casa mia dal compagno di banco di mio fratello aspirante dj mancato.
Erano tutti alla passeggiata a mare, ad assistere all'avvento di un uomo che, credenti o no, ha lasciato comunque un segno, Karol Wojtyla, ovvero Papa Giovanni Paolo II. Non potendolo inserire per forza di cose nel novero dei cinque messinesi più famosi di sempre, qualora dovessero stilare una graduatoria sui più grandi personaggi di sempre in visita a Messina, di certo il primo posto non avrebbe rivali, la sua visita rimane memorabile nella storia recente della nostra città. Quel giorno, Giovanni Paolo II non era in città per diletto, ma per canonizzare una persona che fuori della nostra città ben pochi conoscono, ma che per ciò che fatto in vita, ma anche per quello che ha fatto dopo, ha spesso fatto gridare al miracolo, diventata santa solo nel 1988, ma per i messinesi lo è sempre stata: Santa Eustochia.
Smeralda Calafato, questo era il suo vero nome, venne al mondo il 25 marzo del 1434, figlia di un ricchissimo mercante messinese, Bernardo Cofino, la cui ricchezza però, non bastava a salvaguardare la famiglia da una delle più grandi epidemie di peste che la nostra città abbia mai ricordato. Per salvaguardare la vita della devotissima moglie, s'incamminarono verso un villaggio in campagna poco distante dalla città, villaggio che oggi è uno dei quartieri più popolati e popolari di Messina, il villaggio Annunziata, nell'unica strada possibile, talmente stretta che si poteva praticare solo a piedi. Lamadre, vinta dalla fatica, il giorno del giovedì santo, curiosa coincidenza, diede al mondo nella mangiatoia di un fattore presente nel tragitto una bellissima bambina bionda.
Bellezza e devozione caratterizzarono la vita di Smeralda già da piccola, al punto che già ad 11 anni, venne promessa sposa ad un ricco mercante trentacinquenne amico del padre, contro il volere della piccola. Questo mercante per fortuna della futura santa, morì dopo due anni, non mancavano comunque gli spasimanti per la bella Smeralda, il padre ed i fratelli erano sempre più risoluti nel cederla sposa a ricchi mercanti anche molto anziani così da poter allargare il loro giro di affari, anche il grande Antonello da Messina restò colpito dalla bellezza della fanciulla, al punto di volerla a tutti costi come modella per la sua Vergine Maria Annunziata. All'improvvisa morte del padre, all'età di quindici anni, Smeralda poteva finalmente coronare il suo sogno, ovvero quello di prendere i voti presso il monastero delle clarisse, monastero in cui la presenza di Smeralda non era certo vista di buon occhio, dato che i fratelli, gelosi ed incattiviti dalla perdita di cotanta merce di scambio, minacciarono di mettere a ferro e fuoco.
Fu così che la nostra Smerlada si recò presso il monastero di Basicò, lontana da casa, all'età di sedici anni, convinta e risoluta sulla via intrapresa, scelse per se la cella più modesta dormendo sulla nuda terra. Ma il monastero di Basicò non era quello che Smeralda immaginava: erano presenti molte consorelle di famiglia agiata messe lì più per obbligo che per vocazione, che a tutto pensavano tranne che a fare le clarisse, lo schifo che Smeralda era costretta a vedere andava oltre la sua immaginazione e devozione, così giovane ma risoluta, condusse una battaglia affinchè il monastero tornasse ad essere quel luogo di preghiera così lontano dalla sua reale collocazione, ma fu una battaglia persa, oltre alle consorelle sbagliate dovette lottare con tutte le più importanti famiglie messinesi e nebroidee, così decise di tornare nella sua città per poter rispettare la sua vocazione.
Dopo anni di dedizione verso i poveri e gli sfortunati, grazie all'aiuto di un facoltoso e devoto parente, nonostante le continue avversioni dei fratelli, Smeralda nel 1464 riuscì a fondare il Monastero di Montevegine, che nonostante ciò che dice Wikipedia, è parte integrante della nostra città e possiamo tutt'ora trovarlo in via XXIV maggio. La chiesa in quel periodo non era al massimo del suo splendore morale, diciamolo pure, il nuovo monastero fu osteggiato da ogni istituzione religiosa, perfino i frati osservanti, ai quali spettava la tutela spirutuale del convento, si rifiutarono di dire messa per quasi un anno. Smeralda, che nel frattempo aveva preso il nuome di Suor Eustochia, andava dritta per la sua strada, scrisse al pontefice che in breve tempo ordinò ai frati osservanti di ristabilire la loro condotta pena la scomunica, e con l'aiuto della madre, di una sorella, e di suor Maria Pollicino, figlia del barone di Tortorici ed irriducibile spalla della santa, Smerlada riuscì a far crescere sempre di più il convento perseguendo un unico obiettivo: l'assistenza ai poveri della città. Si narra di numerosi miracoli già direttamente in vita, non si fermava mai, spesso stanca e debilitata, causa una banale influenza si spense a soli 51 anni il 20 gennaio del 1485.
Le voci dei numerosi miracoli fatti in vita cominciarono a lasciare il segno nelle alte sfere del clero, che approfondirono meglio le ricerche grazie anche ai miracoli che Smeralda faceva anche da morta. Ma la chiesa come ben sapete non ha mai brillato in tempismo, sono passati secoli, e solo dopo il ritrovamento di un manoscritto di suor Maria Pollicino negli anni '40, partì finalmente la causa di beatificazione, per poi concludersi con la definitiva canonizzazione nel già citato 11 giugno del 1988.
Nel frattempo?
Nel frattempo Smeralda continuò ad essere da morta come era in vita. Il suo corpo è incorrotto, gli occhi ancora vivi, le pupille visibili, crescono ancora unghie e capelli, le ossa intatte, i denti bianchissimi. Si può credere o non credere ai miracoli, lei è li, in via XXIV maggio, chiunque può andare a vederla, gli scettici sono pronti a spiegare che è la teca di vetro che fa il miracolo, i devoti rispondono che nella teca di vetro ci sta da 50 anni, prima come ha fatto a conservarsi?
Per la chiesa cattolica non c'è dubbio, è un miracolo.
Per i messinesi, credenti o mento, è un vanto miracoloso, ma ne conosco di persone che non hanno neanche idea di chi sia...
Per noi, nonostante la canonizzazione rimane la Beata Eustochia, la santa che sta in piedi, così la definì Giovanni Paolo II.
Di sicuro non è un'attrazione turistica, nessuno lì fuori vende immaginette o medagliette, non ci passano i croceristi se non per sbaglio, non trovi cartoline nei negozi di souvenir, non viene citata nelle principali guide tascabili che consegnano ai nostri turisti mordi e fuggi.
Di sicuro, appena te la ritrovi di fronte, qualcosa ti sconvolge, e ti invita a riflettere, credente o meno.
Continua ad essere questo il suo più grande miracolo, il motivo per cui anche Giovanni Paolo II per un attimo, ha perso il respiro di fronte a così tanta bellezza.

mercoledì 10 agosto 2011

Cinque messinesi più famosi di tutti i tempi: Stefano D'Arrigo

Ogni tanto da quel baraccone socialnetworkale che è Facebook esce fuori qualche iniziativa interessante. Qualche giorno fa sono stato iscritto al gruppo "Cinque messinesi più famosi di tutti i tempi" (segue link),

http://www.facebook.com/groups/105866246179566/

dove veniva richiesto di menzionare chi a nostro avviso è il personaggio storico messinese maggiormente degno di nota. Io che nel messinesismo ci sguazzo, dopo aver visto un pò di post e di nomi illustri, mi sono stupito di non aver trovato alcuna menzione su quello che è il maggiore scrittore contemporaneo peloritano, quello Stefano D'Arrigo di cui ho postato la foto sopra come potete ben vedere. Mi è venuto quindi spontaneo copiare il link su Wikipedia e linkarlo sulla pagina, così come ho fatto il giorno dopo con Santa Eustochia, personaggi che sono stati ben graditi e dei quali mi è stato chiesto un'opinione personale, così ho provato a documentarmi un pò e vi posso dire che a volte la vita di certe persone sembra già un romanzo, ecco perchè meritano di essere annoverati tra i più grandi messinesi di sempre.
Fortunato Stefano D'Arrigo nacque ad Alì il 15 ottobre del 1919, da una famiglia suppongo modesta, al punto che il padre è dovuto emigrare in America a cercar fortuna. Completa gli studi a Milazzo, e si laurea all'università di Messina nel 1942, avendo svolto nel frattempo il servizio militare tra il Friuli e Palermo. Dopo un breve periodo trascorso a Messina, decide di trasferirsi a Roma dal 1946, dove diventa col passare degli anni uno stimatissimo critico d'arte per i principali quotidiani della capitale, non disdegnando però di scrivere ogni tanto versi, la sua ossessiva ammirazione verso la vita dei pescatori dello stretto, tra Scilla e Cariddi diventa fulcro della sua prima raccolta, il Codice Siciliano pubblicato nel 1957. A sorpresa, il Codice Siciliano vince il Premio Crotone, prestigioso premio letterario molto in voga in quel periodo, che annoverava nella giuria nomi illustri quali Gadda e Ungaretti, che da quel momento in poi sono diventati grandi estimatori dello scrittore messinese. Spinto dalla già citata passione per i pescatori dello stretto, incoraggiato dalla moglie Jutta Bruto (letterata che per stessa ammissione di D'Arrigo risulta fonte di ispirazione e confronto) decide di dedicare anima e corpo alla stesura del romanzo che senza saperlo sarà il romanzo della sua vita, la cui gestazione sembra già di per se romanzata.
Scrive di getto "La testa del delfino" che in breve tempo, prima ancora di essere pubblicato, coglie l'attenzione di Elio Vittorini, che dopo averlo letto più volte suggerisce a D'Arrigo di integrare la storia per renderla più epica, pubblicandone svariati parti sulla rivista letteraria "Menabò" dallo stesso Vittorini diretta. Le attenzioni ricevute spingono la Mondadori a stipulare subito un contratto con D'Arrigo, vorrebbero pubblicare un'edizione integrale del romanzo, che nel frattempo, totalmente revisionato e con l'aggiunta di nuovi capitoli, è pronto ad essere mandato in stampa come "I giorni della fera". Quasi prossimi alla pubblicazione, la Mondadori chiede un ultima revisione delle bozze all'autore, che colto da una mania di eccessivo perfezionismo anzichè consegnare il romanzo in tempi brevi, aggiunge, cambia, sostituisce, strappa e riscrive, arrivando ad un romanzo di quasi 1300 pagine, che non ne vuole sapere di venir fuori. Per fare tutto ciò D'Arrigo perde anni, nei quali smette totalemente di fare il giornalista, smette di scrivere sul Menabò ed altre riviste letterarie, incoraggiato solo dalla moglie continua nella sua oceanica opera di revisionismo, la Mondadori pressa per la consegna, i tempi richiesti dalla casa editrice sono andati a farsi benedire, ma non molla lo scrittore, altre case editirici corteggiano D'Arrigo da tempo, Elio Vittorini stesso lo affianca per lunghi periodi pur di arrivare al più presto ad un'edizione definitiva di quel romanzo, per il quale D'Arrigo mette a rischio la propria integrità fisica e mentale, ma che nonostante tutto non si decide acora di pubblicare.
Il romanzo viene pubblicato infine nel 1975, quasi vent'anni dopo la prima versione, solo che l'attenzione su quanto stava scrivendo D'Arrigo non è mai calata, anzi, lo scrittore diventa vittima di un'eccessiva morbosità da parte delle maggiori testate letterarie, in tutto il mondo aspettano la pubblicazione di quello che dovrebbe essere il punto di unione tra l'Odissea di Omero, l'Ulisse di Joyce e del Vecchio e il mare di Hemingway. Il romanzo verrà pubblicato come Horcynus Orca, è la storia di 'Ndria Cambria, marinaio della Regia Marina che all'indomani dell'armistizio tra il governo italiano e le forze alleate nel 1943, torna nella sua città, Cariddi, che noi sappiamo in realtà a quale zona si riferisce, trovandola totalemente distrutta e cambiata dalla guerra, e con la paura costante di un mostro marino che infesta lo stretto, l'Orcaferone. Non essendo critico letterario non andrò oltre con la descrizione del romanzo, ma è quello che succede dopo la pubblicazione del romanzo che ritengo interessante. In un primo tempo la critica lo stronca, troppo lunga l'attesa per un romanzo che risulta di difficile comprensione, perchè scritto tra il dialetto stretto, un italiano troppo forbito e delle terminologie coniate dallo stesso D'Arrigo per l'occasione, inoltre l'autore si rifiuta di scrivere di suo pugno un glossario anche se viene ripetutamente invitato a farlo dalla casa editrice, l'eccessiva lunghezza è un altro dei punti salienti contro cui la critica si scaglia.
Ma nonostante tutto, il romanzo vende solo con la prima edizione più di 80.000 copie in breve tempo, le successive ristampe anche in versione economica ne sanciscono un successo sorprendente, il romanzo viene richiesto e venduto anche all'estero, anche la critica cambia punto di vista, annoverandolo come uno dei capolavori assoluti e titolo di riferimento dello sperimentalismo italiano. Grazie a D'Arrigo ed alla sua perseveranza, stretto e messinesità fanno il giro del mondo, a distanza di anni non esiste libreria in Italia che non annoveri ancora l'Horcynus Orca tra gli scaffali dei best sellers.
Ciò che ha fatto la fortuna dello scrittore però è stata la fine dell'uomo, un D'Arrigo debilitato, stanco, introverso, si estranea dal mondo ed anche dal successo che lo circonda, finisce di viaggiare tra Roma e Messina stabilendosi apatico e stanco nella capitale, il fervore letterario che si è creato attorno a lui gli scivola addosso e solo dopo più di dieci anni, sul finire del 1985, riesce a pubblicare finalmente un secondo romanzo, più che altro per far contenti gli editori che non se stesso. "La cima delle nobildonne" è un romanzo totalmente diverso dal precedente, scarno, non arriva neanche a 200 pagine, scritto in un italiano irreprensibile forse a volte un pò troppo tecnico, perchè lo ambienta negli ambienti medici, dove un bellissimo ma pericoloso ermafrodito, con ogni mezzo e favorito dai milioni che un emiro innamorato mette a disposizione, fa di tutto pur di diventare donna. Su questo romanzo di più non so, al contrario dell'Horcynus Orca non l'ho mai letto, mi sono basato su ciò che ho trovato sul web anche perchè sembra sia un romanzo quasi impossibile da reperire. Le stesse fonti ribadiscono un riscontro di vendite e di critiche molto lontane dal precedente, però questo romanzo ha comunque un merito: quello di risvegliare D'Arrigo, che si rilancia a piccoli passi nell'ambiente letterario, concentrandosi sopratutto nella trasposizione teatrale del suo romanzo guida, lui che la recitazione ce l'ha nel sangue, avendo partecipato addirittura come attore in uno dei film più importanti del suo grande amico Pasolini, ovvero "Accattone". Partecipa come parte attiva a premi, interviste, si rimette alla scrittura, dichiarando più volte di avere un'altra epica idea per un nuovo romanzo del quale stava preparando le linee guida, pur essendo consapevole di non avere più la forma fisica e mentale per gestire un nuovo Horcynus Orca.
Stefano D'Arrigo muore nella sua casa romana il 2 maggio del 1992, all'epoca i media diedero a questa scomparsa la stessa attenzione data per la morte di autori forse più noti come Moravia, perchè soprattutto tra gli scrittori contemporanei, in pochi sono riusciti a lasciare il segno con un'unica corroborante opera, D'Arrigo forse c'è riuscito, lottando contro le imposizioni di critica ed editori, seguendo fino in fondo il suo progetto, mettendo Messina al centro del suo mondo è riuscito a portarla in giro per il mondo intero, per questo messinesicalmente parlando, ritengo Stefano D'Arrigo un grande messinese, forse non uno dei primi cinque, ma uno scrittore degno di nota come pochi altri.

mercoledì 3 agosto 2011

La storia di quei due


La storia di quei due, di quei due di quelle impronte la, è una bellissima storia d'amore, di quelle da romanzo italiano, complicata ma bellissima come potrebbero scrivere Fabio Volo o Niccolò Ammaniti, solo che loro potrebbero ma non l'hanno fatto, allora quei due questa storia non la leggono, non la scrivono e non la raccontano, semplicemente la vivono, e si tengono per loro i momenti salienti e toccanti, lasciando al prossimo solo un trailer da far venire invidia.
Mi spiace per chi legge e non sa, purtroppo continuerà a non sapere di quei due, perchè la loro storia è un rebus, complicato ma che ha sempre una soluzione, è comica perchè quei due di risate se ne sono fatte davvero tante, è un thriller, perchè una vera storia d'amore ha anche i suoi momenti di suspence e di paura.
E' una storia che è stata talvota drammatica, ma sempre con il lieto fine.
E' una storia difficile, perchè quei due non sono persone comuni, sono persone normali, però in maniera eccezionale.
La storia di quei due oggi compie 5 anni, qualcuno potrebbe dire che nacque dal nulla ascoltando nuvole e lenzuola ad un concerto dei Negramaro, solo che nuvole e lenzuola quella sera l'hanno cantanta almeno 5 volte, non poteva non nascere così, era scritto, ma quei due non l'hanno detto a nessuno.
La storia di quei due nacque col piccio di un pò di persone, siete così diversi dicevano, non arriverete a settembre.
Siete così diversi dicevano, non arriverete a Natale.
Siete così diversi dicevano, non la sueperate l'estate.
In effetti quei due erano così diversi, ma dagli altri però, ed arriva un altro 3 di agosto e quei due avevano già deciso di sposarsi, anche questo era scritto, ma quei due furboni anche questa volta non l'hanno detto a nessuno.
E saputo questo la storia di quei due è proseguita col piccio di un pò più di persone, vi conoscete da così poco tempo voi, ma chi ve lo fa fare?
Non avete abbastanza soldi, ma chi ve lo fa fare?
Non avete abbastanza tempo, ma chi ve lo fa fare?
Quei due sapevano chi glielo faceva fare, lo volevano fare loro, infatti l'hanno fatto, nel frattempo arriva un altro 3 di agosto e loro hanno già tutto pronto per il loro matrimonio, e tanto per cambiare era scritto, ma quei due vanno avanti per la loro storia, e non lo dicono di nuovo a nessuno.
Dopo il matrimonio quei due si accorgono che c'è una piccola comunità in città pronta a distribuire quantità industriali di piccio, se li ritrovano ovunque, in giro per strada, tra i presunti amici, qualcuno anche in famiglia, così tanto piccio che quei due si devono armare di molta pazienza e buona volontà, e riescono a creare uno scudo antipiccio dentro la loro casetta Paradiso protetti dal quale quei due continuano la loro storia da film senza dirlo a nessuno.
Ne succedono di cose, il piccio un pò di danno lo fa, quei due però tirano avanti, e senza ascoltare niente e nessuno si ritrovano in un altro 3 di agosto belli spaparanzati a mare e neri come non mai, giornate di sole mare e granite, cene con bistecche di brontosauro e birra fredda, notti in giro col motorino dalla città alla provincia, quei due non pensavano che anche questo fosse scritto, ma siccome lo era, hanno ritenuto giusto non dirlo a nessuno.
Poi c'era scritto che dall'abbraccio di un week-end francese sarebbe venuto fuori un regalo, quei due avrebbero voluto tacere anche questa volta, ma questo regalo sarebbe stato abbastanza evidente, e così a malincuore l'hanno dovuto dire in giro. Quando la notizia prese finalmente forma ormai c'era un piccolo paese sparapiccio, manco se il piccio lo avesse creato il destino a farmville, ne ha mandate avvisaglie questo piccio, ma quei due ed il loro regalo festeggiavano un altro 3 di agosto in un ristorantino lungo la riviera, dentro la loro cupola immaginavano, programmavano, fantasticavano, in quel momento senza rendersene conto erano quei due che stavano scrivendo, consapevoli di non voler fare leggere nulla a nessuno.
Quei due poi l'hanno scartato quel regalo, nel frattempo il piccio contro di loro era stato approvato all'unanimità dalla camera e dal senato, con voto bipartisan sia da destra che da sinistra, una cosa mai vista nello stato italiano, una nazione intera a buttare piccio, autorizzati dal governo.
Quei due stavolta il colpo l'hanno sofferto, ne hanno scritte di litigate nelle loro storie, ma in fondo c'è scritto anche che si ama litiga, chi si sopporta fa le smorfie e chi si odia si ignora, e quei due ne hanno amore da scrivere, anche perchè adesso quei due sono arrivati a questo 3 di agosto che sono in 3, con una corrazza tecnoandroicofuturistico ologrammatica programmata per combattere la proliferazione di piccio nel mondo, nel loro piccolo mondo di cui quei due ne continueranno a scrivere di cose, sempre cercando di non fare sapere niente a nessuno, sperando che un giorno possa essere anche scritto che se a qualcuno da fastidio la storia di quei due, che si scrivano le loro di storie che quei due piccio non ne mandano a nessuno.
La storia di quei due in sintesi è questa qua, una bellissima storia d'amore dove solo quei due forse ci potranno capire qualcosa, ma in fondo se l'ho scritto è proprio perchè quei due vogliono che sia solo così.