Autunno mio, io ti voglio bene.
Perchè da quando sono nato sei sempre stata la mia stagione preferita, ed anche adesso che duri di meno, ma molto di meno, ti penso sempre con quella piacevole e leggera nostalgia che da sempre mi hai regalato.
In te un pò mi ci riconosco, perchè da te tutti si aspettano momenti cupi, ma lasci tutti spiazzati quando regali certe giornate di sole così luminose, che con l'estate non abbiamo avuto il tempo di apprezzare abbastanza. Ed anche i tuoi momenti cupi, diciamolo chiaramente, sono sempre circondati da colori così vividi che quel cupo cade sempre in secondo piano, come un leggero sfondo che sta li solo perchè li deve stare.
Autunno ti voglio bene perchè sei sempre stata la stagione dei compromessi mancati, non ci sfianchi col caldo e non ci intristisci col freddo, ci permetti di stare vestiti leggeri e non chiedi altro che una giacca leggera con la quale ci rendi sicuri, e siccome c'è chi pensa che ti vesti per come ti senti, allora grazie a te possiamo sentirci leggeri, ma non svuotati.
Autunno ti voglio bene perchè mi hai regalato tanti momenti, tante emozioni, che se potessi paragonare ad un colore, sarebbe di sicuro uno di quei colori vivaci che tiri fuori dal tuo cilindro. Mi hai regalato una moglie, mia hai regalato una figlia, mi hai regalato una famiglia, mi hai regalato l'amore.
Ogni anno aspetto con ansia i tuoi profumi ed i tuoi sapori, il fumo delle castagne che riempe l'aria delle piazze della mia città, il vino nuovo ed il suo colore rubino, i funghi, la frutta secca...mi sembra di mancarti di rispetto ogni volta che mi metto a dieta e ti chiedo scusa per questo, tanto autunno mio se mi conosci bene lo sai che non mancheranno di certo le occasioni per onorare la tua tavola...ci pensi alle ottobrate, i sapori d'autunno, le sagre della castagna, animi e colori la vita di tanti paesini, viene difficile dire di te che sei una stagione triste, se pensiamo a quante feste organizzi...
E senza di te Autunno, neanche il Natale sarebbe più Natale, c'è chi lo ammette e chi no, ma tutto il mondo non vede l'ora di arrivare a Natale, c'è chi lo fa perchè crede, c'è chi lo fa per i regali, c'è chi lo fa perchè ama le lucine e le vie del centro chiuse al traffico ed addobbate a festa, ma diciamoci la verità, senza di te ad accompagnarci per mano, sarebbe di nuovo inverno, che lo si voglia o meno...
Autunno non avrò mai sufficienti parole per ringraziarti abbastanza, per questo ti ho voluto dedicare un pensiero, perchè anche nel mio piccolo nonostante il cielo cupo, anche se qualche nuvola mi passa addosso, io lo so che alla fine ci saranno i tuoi colori ed una meravigliosa giornata di sole a far passare tutte cose, se anche questa volta sarà così, caro autunno mio, rimani ancora un pò che dell'inverno non ho una buona impressione...
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venerdì 21 ottobre 2011
giovedì 13 ottobre 2011
Elogio di Oscar Firmian e del suo impeccabile stile
L'Elogio di Oscar Firmian e del suo impeccabile stile è il quarto romanzo in ordine cronologico di quello che posso annoverare tra i miei scrittori preferiti, ovvero Enrico Brizzi. A chi il nome non dice nulla, ricordo soltanto il primo romanzo, Jack Frusciante è uscito dal gruppo, forse il più clamoroso caso editoriale all'esordio in Italia, di sicuro lo è stato negli anni '90. Jack Frusciante è stato per molti di noi over 30 un romanzo generazionale, tutti avevamo una nostra Aidi nel cuore, tutti avremmo sognato di pedalare per i colli bolognesi come un Girardengo un pò più basso e rock. E molti di noi rockettari ci siamo persino incacchiati di brutto perchè il vero Frusciante di nome va John e non Jack, ma non sapevamo ancora che è stata una licenza quasi poetica da agganciare al romanzo. Dopo qualche anno Brizzi scrisse quello che io considero il suo capolavoro, ovvero Bastogne, che narra dei casini combinati da Ermanno Claypool e Cousin Jerry in una Nizza anni '80 più italiana che se fosse stata realmente in Italia, ricordo di averlo comprato in edizione economica "I Miti" della Mondadori a 6.900 lire, che in copertina c'era ritratto Zanardi di Andrea Pazienza, che questo libro ha fatto il giro di quasi tutti i miei amici più stretti, ognuno sottolineava le sue frasi preferite e mitiche, a guardarlo adesso è segnato quasi ovunque. Poi venne il momento dei Tre ragazzi immaginari, il titolo era come quello di un mitico album dei Cure, avevo aspettative a mille per questo romanzo, ed invece è stata una delusione pazzesca, troppo onirico, troppo personale, si capiva lontano un miglio che era un romanzo scritto più che altro per contratto che non per ispirazione. Arriviamo alle soglie del 2000, in libreria mi capitò davanti l'Elogio di Oscar Firmian, costava quasi 20.000, più di un cd originale, e la foto in copertina non è che poi mi ispirasse più di tanto. Lo comprai però, lessi delle storie di Oscar Firmian, giovane giornalista free-lance che sotto lo psudonimo di avvicinatore Prometeus riusciva a fare interviste impossibili con i personaggi più importanti del momento, da quelle interviste ne scaturivano delle biografie di successo. Il suo agente, Gabrio Spichisi, ricevette la proposta di un giovane rampollo della più importante casa editrice italiana di andare a cercare il suo mito, il cantante di una rock band americana da culto scomparso nel nulla. Tra viaggi, intrecci vari e l'amore con la scrittrice del momento questa intervista non si riesce a fare, ma come finisce di preciso non ve lo dico, primo perchè non è mai bello dire come finisce un libro, secondo perchè in realtà questo post non vuole essere una critica letteraria, ne il riassunto di un romanzo, ma vuol essere il ricordo di un momento. Si perchè leggere l'Elogio di Oscar Firmian scatenò in me parecchie sensazioni, non era un romanzo particolare, non era eccellente, era un romanzo che poteva scrivere chiunque, pensai più di una volta all'epoca, eppure Brizzi svettava nelle prime posizione nelle classifiche di vendita e veniva ri-osannato dai critici che l'avevano abbandonato prima. Era un romanzo semplicissimo, e a rileggerlo adesso dopo più di dieci anni l'idea è sempre quella, ecco il motivo per cui decisi che era arrivato il momento di comprare il mio primo computer. Avevo mille idee in testa, non vedevo l'ora di metterle in formato word e vedere se riuscivo a concretizzare qualcosa. A turno mi feci supportare dai fratelli Russo, Augusto e Giovanni, amici esperti di computer ma non troppo, mi portarono dritti al negozio Fast computer e mi confezionarono un gioiellino (per l'epoca) davvero niente male, con il case pieno di inserti in plastica trasparente colorata che faceva tanto iMac, il monitor a 17", il modem 56k integrato che bastava collegare al filo del telefono ed usciva fuori quell'indimenticabile trillo che ti faceva capire quando potevi metterti in contatto con il mondo. Avevi la tua bella webcam a forma di palla sopra lo schermo, le casse erano piccoline ma si sentivano una meraviglia, avevo un mousepad carinissimo della Bud, la stampante Epson che faceva un macello pazzesco, ma ci potevi mettere anche le cartucce compatibili e risparmiare un bel pò sulla stampa. Il tutto alla modica cifra di due milioni e mezzo. Il mezzo lo avevo faticosamente raccolto, per i due milioni faccio il mio primo finanziamento Ducato, undici rate da 200mila, a conti fatti dovevo evitare di uscire parecchie sere, ma adesso avevo cosa fare a casa, oltre a leggere ed ascoltare musica. Le prime sere tempestavo il mio office con tutte le idee che avevo in testa, ci potevo fare almeno una trentina di racconti, ma ero pretenzioso all'epoca e li lasciai tutti come possibili incipit di futuri romanzi, alcuni cercai di legarli assieme anche se si trattava di argomenti lontanissimi tra loro cercando per ore intere il colpo di genio che li potesse miracolosamente unire. Uno di questi incipit mi prese la mano, e in meno di una settimana si trasformò in un romanzo di quasi cento pagine, che aspettava solo una degna e sensata conclusione. Appena si facevano le 23:00 ed avevo la certezza che il telefono non servisse più, attaccavo subito il mio modem e scoprii quanto fosse vasto e smisurato già all'epoca il mondo di internet. Di tutto ciò che mi piaceva trovavo qualcosa, le novità musicali su Radiohead o Marlene Kuntz, tutte le foto di Laetitia Casta di cui all'epoca ero pazzo, tutte salvate in JPG in una cartella solo a lei dedicata. Il sito della Vitaminic che ti metteva a disposizione tutti gli mp3 dei gruppi emergenti. Poi arrivò la Telecom e mi omaggiò tre mesi di ADSL, il primo ADSL, tre mesi che poi diventarono nove, con il bel modem a forma di manta con le lucette azzurre, ed una velocità che mi faceva sbalordire. Scoprì per caso Napster, ed i 16 giga del mio hard disck si ritrovarono sotto pressione dopo breve tempo. Qualsiasi gruppo che mi veniva in mente su Napster c'era, e tu ti divertivi un mondo a vedere il tuo brano che riempiva la sua casella sempre di più fino ad essere definitivamente salvato dentro la cartella My music. Scaricai tutto quello che c'era, ad esempio, sui Metallica e sui Placebo, sugli Stone Roses o Afterhours, dal sito cc covers potevi scaricare le copertine dei cd, ti segnavi tutte le canzoni ed in una sera avevi un album pronto. Masterizzavo subito in cd i file degli album tenendo in memoria solo le canzoni che mi interessavano di più, quello fu il punto di partenza, ora ho tra cpu, hard disck esterno e cd, milioni di file in mp3, la discografia dell'universo, la battezzò recentemente un mio caro collega. Ricordo quando mi venne in testa di scaricare gli Ash, in memoria di una bella estate, quella del '96, lavorando a Cervinia conobbi Manuela di Torino, erano il suo gruppo preferito, Oh yeah, Burn baby burn e Goldfinger facevano da colonna sonora alle nostre serate al pub in centro del paesino con felpa e giubottino in pieno agosto per il freddo che c'era. Di Manuela come contatto mi era rimasto solo il suo indirizzo e-mail che aveva segnato in una cartolina l'anno precedente, le scrissi subito per dirle che l'aspettavo ancora in Sicilia, mi rispose con freddezza dopo qualche mese, in realtà lei era da tempo solo il ricordo di un'estate, ma mi divertiva un mondo sapere che anche dall'altra parte dell'Italia i miei saluti potevano arrivare in tempo reale. Ero diventato un grande fruitore delle e-mail, anche con i miei amici stessi, per darci appuntamento ne mandavamo una anzichè magari usare un sms al telefono. Al mio computer nuovissimo e veloce venivano a consultarsi parecchi amici, i gemelli scoprirono e-bay a casa mia, e dopo neanche un anno ci avevano fatto una società di import-export su film, fumetti e giocattoli vintage. Con Angelo facevamo delle ricerche su demoni e fantasmi per un'idea di scrivere un corto horror da girare nella casa antica di alcune amiche studentesse dalle parti del Vittorio Emanuele, adesso è il presidente degli IdP (Indagatori del Paranormale), fa il relatore a stages e convegni ed è presenza quasi fissa in tv con Mistero. Con Giacomo si giocava a fare poster con le nostre foto ed i personaggi dei cartoni, poi finì a fare il grafico pubblicitario in un giornale. E tante altre cose ancora, che però mi fecero abbandonare salvate nella loro cartella le mie velleità di scrittore, e quando un giorno l'antivirus Norton mi ricordò che bisognava rinnovare l'abbonamento ed il sottoscritto non conosceva ancora l'importanza di quelli free, il mio hard disck decise di fare come fece lo zio Albert di Candy Candy, ovvero perdere la memoria. In un negozio chiamato LGM mi garantirono una formattazione completa con il recupero del più grande numero di dati possibile, quando tornai in possesso del mio computer formattato non era rimasto più nulla. Ho avuto la mia occasione per fare lo scrittore, pensai, non l'hai voluta sfruttare, ora è inutile rammaricarsi. Certo, aver avuto confidenza con il mondo di internet e dei computer mi è servito parecchio, in ogni lavoro che andavo a fare mi sono trovato sempre avvantaggiato rispetto ad altri, ma se fossi diventato scrittore? Continuo a leggere romanzi che avrei potuto scrivere benissimo anche io, me ne vengono a milioni di idee sulle quali provare a battere subito due righe prima di dimenticarle del tutto, e come me ci saranno centinaia di persone, chissà quante belle cose avremmo potuto scrivere, chissà quante emozioni che sono rimaste chiuse in un cassetto o dentro una cartella sul desktop, chissà quante se ne saranno perse formattando memorie.
(un pò di pubblicità occulta)
Volendo adesso grazie sempre al mondo di internet, ci sono parecchi siti dove puoi mandare le tue cose e fartele pubblicare, spendi quanto necessario e puoi decidere se farne una copia strettamente personale, o mettere in vendita, magari poi si potrebbe casualmente arrivare ad una casa editrice seria, e iniziare una nuova carriera alla faccia di Andrea De Carlo o Chiara Palazzolo. Magari un giorno lo faccio, potrei riscrivere quanto scritto all'epoca di Oscar Firmian perchè qualcosa me la ricordo ancora, potrei svegliarmi una mattina con una storia intera nuova di zecca o potrei scrivere semplici racconti, potrei raccogliere le fiabe che mi invento per la mia piccina o anche ricopiare solo i post di questo blog, così tanto per farmi stampare un bel libro con il mio nome stampato sulla copertina e sul bordo e potermi vedere sulla mia libreria tra Brizzi, Ammaniti e Baudelaire, così potrei sempre illudermi, che anche se per un momento solo, anche Ciccio Mangiò è stato uno scrittore.
martedì 11 ottobre 2011
Se ti dicessi
...e se ti dicessi che nonostante tutto, questi sono stati i tre anni più belli della mia vita?
Se ti dicessi che non sono le parole, non sono le situazioni, non sono i momenti ma sono i gesti quelli che ritengo più importanti nella mia vita?
Un sorriso, una mano che si stringe, un bacio dato ad occhi chiusi...se ti dicessi che sono questi che mi rendono gioiosa la vita?
Se ti dicessi che nella vita si sbaglia, ma chi non sbaglia non cresce, e chi non cresce non campa?
Se ti dicessi che ci sono mattine che non vedo l'ora di andare via?
Se ti dicessi che arrivato al cancello mi sono già pentito di non aver preso un giorno di malattia?
Se ti dicessi che ho pensato tante volte di andare via?
Se ti dicessi che certe volte è difficile?
Se ti dicessi che certe volte l'aria è così pesante che mi manca il respiro?
Se ti dicessi che senza di te mi manca il respiro?
Se ti dicessi che se anche lo stipendio non basta io sono ricco e non lo so?
Se ti dicessi che so che ti ho fatto stare male tante volte, ma sono stato tanto male anche per te?
Se ti dicessi che ti trovo bella ogni giorno come la prima volta?
Se ti dicessi che ti guardo spesso come quando ti vidi la prima volta per intero?
Se ti dicessi che ti amo?
Se ti dicessi che non sono bravo con le parole, e tu lo sai, non sono bravo ad esprimermi, e tu lo sai, sono bravo in tante cose, ma tu questo lo sai?
Se ti dicessi che quando facciamo qualcosa solo io e te ci viene sempre divinamente bene?
...e se ti dico, tanti auguri!!!
Buon anniversario amore mio, non può piovere per sempre...
mercoledì 5 ottobre 2011
Storia di Sara (o chi per lei)
Prima di raccontarvi la triste storia di Sara è importante premettere una cosa: non ho le fonti necessarie per dimostrare che si tratta di una storia vera, per questo rispetto a quanto mi hanno raccontato proverò a non fare nomi, luoghi, fatti collegati, eviterò per quanto mi sarà possibile collegamenti, mi limiterò a raccontare una storia, magari un pò lunga, che magari avranno già raccontato o racconteranno altri blogger, altre persone, forse qualche giornale, magari anche loro ometteranno ciò che sto omettendo io, forse avranno più coraggio o fonti certe e faranno nomi e cognomi, la mia sarà solo una storia, forse vera, ma che spero aiuti a riflettere.
E' una storia che gira da qualche giorno presso noi blogger più o meno letti, di quelli che a cui piace raccontare un pò di tutto. E' una storia che parla di violenza e religione, lo dico adesso, così se l'argomento risulterà troppo forte siete ancora in tempo per interrompere la lettura, magari eviterò particolari cruenti, ma è giusto anticipare adesso ciò che di seguito sarà scritto.
E' la storia di una ragazzina, che noi chiameremo Sara, cresciuta sotto una rigida educazione religiosa da una coppia di genitori praticanti evangelici. Giorno dopo giorno le imposizioni religiose hanno scandito il trascorrere della sua giovane vita, durante la settimana in chiesa almeno tre pomeriggi, la domenica doppia razione, mattina e pomeriggio, in più incontri periodici con i gruppi che ogni comunità forma per ogni fascia d'età, campi estivi ed altre svariate forme di aggregazione dentro la cerchia chiusa della comunità. E' inutile dire che i rapporti sociali al di fuori della sua comunità evangelica erano tassativamente banditi fin dalla tenera età, niente festicciole di compleanno con i compagni di scuola, niente festicciole a scuola, niente recite, niente gite, solo formali rapporti ciao e ciao. Ovviamente a Sara tutto questo importava poco fino a quando era bambina, non aveva ancora un'età che le permettesse di fare ragionamenti propri, elementari e medie scorsero via tranquille. Arriva il liceo, e le cose piano piano cambiarono, per Sara diventa impossibile socializzare, e per un'adolescente socializzare non è che sia importante, è fondamentale. E mentre tutte le altre compagne di liceo sono libere di vestire come vogliono, di uscire insieme al pomeriggio, di parlare al telefono, a Sara tutto ciò non è concesso, ha sempre la sua chiesa per socializzare, le rispondo i genitori. Sara non accetta tutto questo, il suo desiderio è semplicemente quello di essere come tutte le altre ragazze, che male farà al suo Dio se mette un jeans come tutte le altre, se porta una borsa colorata o se passeggia in centro nel pomeriggio con altre ragazze come lei...
Ovviamente Sara non è l'unica ragazzina a soffrire per questa condotta di vita, viene a sapere che un'altra coetanea della stessa scuola ma di un'altra comunità, Laura, è in costante lotta con la madre per lo stesso motivo, le due diventeranno molto amiche, ed insieme studiano, progettano, pianificano, come, dove e quando poter iniziare finalmente un pò di vita da ragazze normali. I genitori di Sara benedicono l'amicizia nata con Laura, nell'ambito delle comunità evangeliche c'è molta concorrenza tra una chiesa e l'altra, Sara promise ai suoi genitori che presto tutta la famiglia di Laura si sarebbe unita in blocco alla loro comunità, facendoli ben figurare al cospetto del pastore della loro. Così il padre di Sara ogni pomeriggio libero da impegni di comunità era ben felice di accompagnare Sara a casa dell'amica e di andarla a riprenderla la sera stessa, pregustando il momento quando davanti a tutta la comunità il suo pastore si complimenterà con loro per aver portato nuove pecorelle al gregge. Il papà di Sara forse non sapeva che Laura aveva solo la madre, il padre è morto sul lavoro qualche anno prima, e pur imponendo lo stesso tipo di educazione, non pressa la figlia come lui fa con Sara, la signora fa il medico in ospedale, è soggetta a turni e adesso che Laura ha la compagnia non si preoccupa di lasciare le due ragazze sole per qualche ora. Quelle ore sono il giusto tempo che serve alle ragazze per godersi un pò di vita, prendono l'autobus e scappano in centro. Con molto coraggio e molta fortuna iniziano a rubacchiare vestiti, trucchi e borsette ai grandi magazzini, sanno che ci sono già loro compagne che fanno l'amore con i fidanzati, ma non vogliono arrivare a quello ma almeno a farsi notare un pò dai loro compagni. Sanno che molte di quelle ragazze fanno già tardi in discoteca, a loro non interessa nemmeno quello, basterebbe stare in giro fino alle otto, non chiedono altro. E così ogni volta che possono volano via, hanno nascosto gli zaini con la loro roba nei pressi della scuola, si cambiano in un bar, se qualcosa scompare cercano di riaverla il prima possibile, rubacchiano qua e la nei grandi magazzini o da qualche borsetta aperta sull'autobus, magari non sarà il modo più onesto di riprendersi la loro vita, ma non le hanno mai beccate, giurano che prima o poi ripagheranno con opere di bene che nessuno potrà neanche immaginare. I loro pomeriggi sono quasi da favola, hanno trovato una comitiva, un muretto dove stazionare, una via piena di negozi dove fare le vasche, qualche ragazzino pulito che scambia con loro sorrisi e che iniziano a stringere per mano, il loro piccolo sogno è diventato realtà, le piccole cenerentole che sembravano dimenticate e di cui in realtà siamo ancora pieni. Ma come per cenerentola, il sogno finì a mezzanotte, una guardia giurata le sorprende mentre cercano di portare via un mascara dal grande magazzino, le fermano e dal controllo di vecchi video girati dalla telecamere interne riescono a risalire ai furti precedentemente fatti dalle ragazzine un pò di tempo prima. Le ragazzine vista l'età verranno poi riconsegnate alla famiglia, sarà quello l'inizio della fine. Suo padre la picchiò più volte, chi vide Sara in quel periodo non potrà mai dimenticare le varie ecchimosi, i lividi ed i rossori, non potrà dimenticare la sua faccia afflitta. Sara smise di andare a scuola, di andare in chiesa, di vedere o sentire Laura, di vedere TV o leggere libri e riviste, Sara smise di uscire dalla sua stanza, di aprire la finestra, Sara smise di parlare, Sara smise di ridere. Non potendone più di vederla in questo stato, suo padre si armò di coraggio e decise di parlare al pastore di Sara, della sua situazione, e chiese aiuto a quello che era la massima istituzione della sua chiesa. Gli incontri strettamente privati iniziarono dopo qualche settimana, il tempo di far riprendere fisicamente la ragazza, dapprima insieme a tutta la famiglia, poi solo con Sara e la madre, dopo qualche giorno il pastore insistette affinchè potesse vedere Sara da sola, per almeno un mese, ogni sera. Il pastore non si soffermava del perchè dei furti, su cosa spingesse la ragazza a farli, cosa spingesse Sara a cercare di cambiare vita, no, il pastore dopo un pò di incontri cominciò a soffermarsi su cose piuttosto intime. Chiese se provava piacere a mettere jeans a vita bassa, chiese se provasse piacere nel portare biancheria intima un pò più particolare, chiese se le piaceva che i ragazzi la guardassero, se non desiderava che i ragazzi la toccassero. Gli chiese di portare gli stessi vestiti che metteva ogni volta che andava in centro, la faceva spogliare e rivestire più volte, dicendo che gli serviva vedere per capire. Iniziò a riprenderla con una telecamera, pomeriggi interi di riprese di Sara che smetteva gonne lunghe e camicioni per mettere jeans e toppini, faceva togliere la biancheria dozzinale per farle mettere quella che aveva preso dagli scaffali dei grandi magazzini. Poi iniziò a toccarla, palpeggiarla, sempre più pesantemente, sempre in parti più intime, Sara piangeva, piangeva, piangeva, ma nessuno ascoltava il suo pianto, quando riuscì a trovare un pò di coraggio e sconfiggere la vergogna parlò alla madre di quello che faceva ogni sera col pastore. Ovviamente, non le credette, lo considerarono un vaneggiamento della ragazzina, solo per aver provato ad immaginare ciò che diceva il padre la punì tornando a picchiarla di nuovo. Il pastore dal canto suo insinuò nei genitori la malsana idea che Sara potesse essere addirittura posseduta, che non c'era tempo da perdere, che bisognava portare immediatamente Sara in provincia per alcuni giorni, che assieme ad un pastore di una chiesa locale esperto in esorcismi avrebbero fatto di tutto per far tornare Sara la ragazza di una volta, chiese di anticipare soldi, molti soldi, che per fare un esorcismo d'emergenza ci sarebbe voluto una quantità di materiale enorme che non si poteva comprare alla bottega sotto casa. Presero Sara di notte, nel sonno, incappucciata e legata, la chiusero in macchina e la portarono via, in una casa sperduta, in campagna. Per due giorni non vide e non sentì nulla, fu chiusa in una stanza con i viveri necessari per andare avanti, poi venne il pastore e non era solo, con lui altri quattro uomini, uno sconosciuto, gli altri già visti in chiesa, noti e stimati professionisti, avevano speso i soldi del padre in bottiglie di vino, carne per la brace e cocaina, fino ad un certo orario stesero nella sala di quella casa a mangiare, bere e guardare partite di calcio in TV, poi il pastore aprì la stanza, sul comò divise la cocaina in varie strisce tutti entrarono uno per volta a consumare la loro dose, guardando Sara, esprimendo commenti, ridendo sotto i baffi, obbligarono Sara a provare a tirare su una striscia. Dopo una mezz'ora pur non avendo perso i sensi, Sara si trovò senza forze ed incapace di agire o muoversi, gli uomini eccitati dalla sniffata iniziarono ad abusare di lei dapprima uno per volta, lo sconosciuto in quanto padrone di casa si assunse il diritto di abusarne ancora una volta, il pastore acconsentì, ma volle la ragazza tutta per se per il resto della notte, dove provò ancora ad abusare di lei più volte. Restò sola per altri due giorni, dopo di che la comitiva tornò ed abusarono ancora di Sara per un'altra notte. La mattina seguente uno degli uomini, un medico, visitò Sara e disse agli altri di lasciarla stare per una settimana almeno, dopo di che sarebbe stato difficile riscontrarne i segni di violenza. Restò sola il tempo necessario stimato dal medico, ricevette una sola visita da parte del pastore, gli confidò che lei ormai era sua, che i suoi genitori erano dentro un suo pugno e che era inutile provare a parlare o raccontare qualcosa, nessuno le avrebbe creduto, nessuno le avrebbe dato aiuto, il suo dovere era quello di ritornare a casa ed essere la stessa e devota credente di prima, e di restare disponibile a partecipare a riservatissimi incontri nel caso al pastore ed ai suoi amici fosse tornata la voglia di fare ciò che le avevano già fatto.
Sara restò ferma ed immobile a guardare il soffitto, senza mangiare e senza bere, in attesa solo di tornare a casa, aveva un unico e solo pensiere: quello di farla finita.
Fuori era freddo, c'era la neve, il pastore dava per certa l'immobilità di Sara in quella casa dell'orrore, non aveva previsto particolari accorgimenti per un'eventuale fuga. Sara non ci pensò due volte, si butto dalla finestra, si fece male ad un piede, ma non provava altro dolore se non quello dell'anima. Vagò per le stradine di campagna, trovò una strada asfaltata, la seguì, arrivò al primo paesino utile, vestita solo di ciò che restava della sua biancheria e del lenzuolo che aveva strappato dal letto. Non vide e non passò nessuno, non era ancora notte fonda quando si fermò in una piazza, volle riposare un attimo, prima di andare a cercare un appiglio, un dirupo, una qualsiasi cosa o situazione che potesse mettere fine alla sua triste vita. Per sua fortuna perse i sensi, quando si risvegliò si trovò intubata in un letto di ospedale, accanto a lei un numero imprecisato di persone, una di queste, una donna elegante, le chiese cosa fosse successo, se ricordava chi fosse e se riusciva a parlare. Non credeva di averne il coraggio, ma ci riuscì, a parlare, a raccontare la sua triste odissea, il suo sogno spezzato di vivere come tutte le altre ragazze. Partirono immediatamente indagini e controlli, c'erano ancora tracce dei suoi aguzzini nel piccolo corpo di Sara, il pastore venne fermato proprio mentre intendeva recuperare Sara assieme ad uno dei quattro amici di sventura, purtroppo degli altri due non si riuscì a fare nulla, uno di loro era un pezzo grosso della prefettura locale. Grazie ad appoggi e coperture di altri confratelli si riuscì ad insabbiare il caso, senza dare la giusta copertura o il giusto risalto che una tragedia del genere avrebbe meritato, il pastore è stato condannato a soli tre anni, forte delle sue amicizie riuscirono a far passare Sara come una ragazza mentalmente instabile. Tra qualche mese il pastore potrebbe essere fuori, molti dei suoi fedeli sono ancora convinti che si trovi a Roma a ricoprire chissà quale importante carica del potere evangelico. Sara non c'è più, la vedi in giro ogni tanto, ma dentro il suo corpo non abita più nessuna anima, vaga da un pò cercando la pace, e pare che dovrà ancora cercare per molto. Sulle altre persone poco si sa, forse erano ancora più ammanigliati del pastore, rimane comunque una storia "raccontata", è tutto ipotetico, è tutto in aria. Ma è una storia che ci andava di raccontare, non si fa altro che sentire di preti pedofili, imam violenti, pastori aguzzini, e poi non so più, il succo è che raccontandola abbiamo voluto sottolineare che chi detiene il potere religioso, qualunque esso sia, detiene un potere che va oltre la religione, e siccome questo è un potere troppo grande per certi uomini, allora ecco che questo potere inizia ad essere deviato, contorto, atroce.
Diventa un potere violento, che può annientare la vita di Sara o di chi per lei, o di tante altre Sara o chi come lei, e non tocca per nulla coloro che di un Dio dovrebbero portare la voce, e invece portano solo la spada, spada che solo Dio potrà loro puntare contro, perchè all'uomo senza potere, questo non è concesso.
E' una storia che gira da qualche giorno presso noi blogger più o meno letti, di quelli che a cui piace raccontare un pò di tutto. E' una storia che parla di violenza e religione, lo dico adesso, così se l'argomento risulterà troppo forte siete ancora in tempo per interrompere la lettura, magari eviterò particolari cruenti, ma è giusto anticipare adesso ciò che di seguito sarà scritto.
E' la storia di una ragazzina, che noi chiameremo Sara, cresciuta sotto una rigida educazione religiosa da una coppia di genitori praticanti evangelici. Giorno dopo giorno le imposizioni religiose hanno scandito il trascorrere della sua giovane vita, durante la settimana in chiesa almeno tre pomeriggi, la domenica doppia razione, mattina e pomeriggio, in più incontri periodici con i gruppi che ogni comunità forma per ogni fascia d'età, campi estivi ed altre svariate forme di aggregazione dentro la cerchia chiusa della comunità. E' inutile dire che i rapporti sociali al di fuori della sua comunità evangelica erano tassativamente banditi fin dalla tenera età, niente festicciole di compleanno con i compagni di scuola, niente festicciole a scuola, niente recite, niente gite, solo formali rapporti ciao e ciao. Ovviamente a Sara tutto questo importava poco fino a quando era bambina, non aveva ancora un'età che le permettesse di fare ragionamenti propri, elementari e medie scorsero via tranquille. Arriva il liceo, e le cose piano piano cambiarono, per Sara diventa impossibile socializzare, e per un'adolescente socializzare non è che sia importante, è fondamentale. E mentre tutte le altre compagne di liceo sono libere di vestire come vogliono, di uscire insieme al pomeriggio, di parlare al telefono, a Sara tutto ciò non è concesso, ha sempre la sua chiesa per socializzare, le rispondo i genitori. Sara non accetta tutto questo, il suo desiderio è semplicemente quello di essere come tutte le altre ragazze, che male farà al suo Dio se mette un jeans come tutte le altre, se porta una borsa colorata o se passeggia in centro nel pomeriggio con altre ragazze come lei...
Ovviamente Sara non è l'unica ragazzina a soffrire per questa condotta di vita, viene a sapere che un'altra coetanea della stessa scuola ma di un'altra comunità, Laura, è in costante lotta con la madre per lo stesso motivo, le due diventeranno molto amiche, ed insieme studiano, progettano, pianificano, come, dove e quando poter iniziare finalmente un pò di vita da ragazze normali. I genitori di Sara benedicono l'amicizia nata con Laura, nell'ambito delle comunità evangeliche c'è molta concorrenza tra una chiesa e l'altra, Sara promise ai suoi genitori che presto tutta la famiglia di Laura si sarebbe unita in blocco alla loro comunità, facendoli ben figurare al cospetto del pastore della loro. Così il padre di Sara ogni pomeriggio libero da impegni di comunità era ben felice di accompagnare Sara a casa dell'amica e di andarla a riprenderla la sera stessa, pregustando il momento quando davanti a tutta la comunità il suo pastore si complimenterà con loro per aver portato nuove pecorelle al gregge. Il papà di Sara forse non sapeva che Laura aveva solo la madre, il padre è morto sul lavoro qualche anno prima, e pur imponendo lo stesso tipo di educazione, non pressa la figlia come lui fa con Sara, la signora fa il medico in ospedale, è soggetta a turni e adesso che Laura ha la compagnia non si preoccupa di lasciare le due ragazze sole per qualche ora. Quelle ore sono il giusto tempo che serve alle ragazze per godersi un pò di vita, prendono l'autobus e scappano in centro. Con molto coraggio e molta fortuna iniziano a rubacchiare vestiti, trucchi e borsette ai grandi magazzini, sanno che ci sono già loro compagne che fanno l'amore con i fidanzati, ma non vogliono arrivare a quello ma almeno a farsi notare un pò dai loro compagni. Sanno che molte di quelle ragazze fanno già tardi in discoteca, a loro non interessa nemmeno quello, basterebbe stare in giro fino alle otto, non chiedono altro. E così ogni volta che possono volano via, hanno nascosto gli zaini con la loro roba nei pressi della scuola, si cambiano in un bar, se qualcosa scompare cercano di riaverla il prima possibile, rubacchiano qua e la nei grandi magazzini o da qualche borsetta aperta sull'autobus, magari non sarà il modo più onesto di riprendersi la loro vita, ma non le hanno mai beccate, giurano che prima o poi ripagheranno con opere di bene che nessuno potrà neanche immaginare. I loro pomeriggi sono quasi da favola, hanno trovato una comitiva, un muretto dove stazionare, una via piena di negozi dove fare le vasche, qualche ragazzino pulito che scambia con loro sorrisi e che iniziano a stringere per mano, il loro piccolo sogno è diventato realtà, le piccole cenerentole che sembravano dimenticate e di cui in realtà siamo ancora pieni. Ma come per cenerentola, il sogno finì a mezzanotte, una guardia giurata le sorprende mentre cercano di portare via un mascara dal grande magazzino, le fermano e dal controllo di vecchi video girati dalla telecamere interne riescono a risalire ai furti precedentemente fatti dalle ragazzine un pò di tempo prima. Le ragazzine vista l'età verranno poi riconsegnate alla famiglia, sarà quello l'inizio della fine. Suo padre la picchiò più volte, chi vide Sara in quel periodo non potrà mai dimenticare le varie ecchimosi, i lividi ed i rossori, non potrà dimenticare la sua faccia afflitta. Sara smise di andare a scuola, di andare in chiesa, di vedere o sentire Laura, di vedere TV o leggere libri e riviste, Sara smise di uscire dalla sua stanza, di aprire la finestra, Sara smise di parlare, Sara smise di ridere. Non potendone più di vederla in questo stato, suo padre si armò di coraggio e decise di parlare al pastore di Sara, della sua situazione, e chiese aiuto a quello che era la massima istituzione della sua chiesa. Gli incontri strettamente privati iniziarono dopo qualche settimana, il tempo di far riprendere fisicamente la ragazza, dapprima insieme a tutta la famiglia, poi solo con Sara e la madre, dopo qualche giorno il pastore insistette affinchè potesse vedere Sara da sola, per almeno un mese, ogni sera. Il pastore non si soffermava del perchè dei furti, su cosa spingesse la ragazza a farli, cosa spingesse Sara a cercare di cambiare vita, no, il pastore dopo un pò di incontri cominciò a soffermarsi su cose piuttosto intime. Chiese se provava piacere a mettere jeans a vita bassa, chiese se provasse piacere nel portare biancheria intima un pò più particolare, chiese se le piaceva che i ragazzi la guardassero, se non desiderava che i ragazzi la toccassero. Gli chiese di portare gli stessi vestiti che metteva ogni volta che andava in centro, la faceva spogliare e rivestire più volte, dicendo che gli serviva vedere per capire. Iniziò a riprenderla con una telecamera, pomeriggi interi di riprese di Sara che smetteva gonne lunghe e camicioni per mettere jeans e toppini, faceva togliere la biancheria dozzinale per farle mettere quella che aveva preso dagli scaffali dei grandi magazzini. Poi iniziò a toccarla, palpeggiarla, sempre più pesantemente, sempre in parti più intime, Sara piangeva, piangeva, piangeva, ma nessuno ascoltava il suo pianto, quando riuscì a trovare un pò di coraggio e sconfiggere la vergogna parlò alla madre di quello che faceva ogni sera col pastore. Ovviamente, non le credette, lo considerarono un vaneggiamento della ragazzina, solo per aver provato ad immaginare ciò che diceva il padre la punì tornando a picchiarla di nuovo. Il pastore dal canto suo insinuò nei genitori la malsana idea che Sara potesse essere addirittura posseduta, che non c'era tempo da perdere, che bisognava portare immediatamente Sara in provincia per alcuni giorni, che assieme ad un pastore di una chiesa locale esperto in esorcismi avrebbero fatto di tutto per far tornare Sara la ragazza di una volta, chiese di anticipare soldi, molti soldi, che per fare un esorcismo d'emergenza ci sarebbe voluto una quantità di materiale enorme che non si poteva comprare alla bottega sotto casa. Presero Sara di notte, nel sonno, incappucciata e legata, la chiusero in macchina e la portarono via, in una casa sperduta, in campagna. Per due giorni non vide e non sentì nulla, fu chiusa in una stanza con i viveri necessari per andare avanti, poi venne il pastore e non era solo, con lui altri quattro uomini, uno sconosciuto, gli altri già visti in chiesa, noti e stimati professionisti, avevano speso i soldi del padre in bottiglie di vino, carne per la brace e cocaina, fino ad un certo orario stesero nella sala di quella casa a mangiare, bere e guardare partite di calcio in TV, poi il pastore aprì la stanza, sul comò divise la cocaina in varie strisce tutti entrarono uno per volta a consumare la loro dose, guardando Sara, esprimendo commenti, ridendo sotto i baffi, obbligarono Sara a provare a tirare su una striscia. Dopo una mezz'ora pur non avendo perso i sensi, Sara si trovò senza forze ed incapace di agire o muoversi, gli uomini eccitati dalla sniffata iniziarono ad abusare di lei dapprima uno per volta, lo sconosciuto in quanto padrone di casa si assunse il diritto di abusarne ancora una volta, il pastore acconsentì, ma volle la ragazza tutta per se per il resto della notte, dove provò ancora ad abusare di lei più volte. Restò sola per altri due giorni, dopo di che la comitiva tornò ed abusarono ancora di Sara per un'altra notte. La mattina seguente uno degli uomini, un medico, visitò Sara e disse agli altri di lasciarla stare per una settimana almeno, dopo di che sarebbe stato difficile riscontrarne i segni di violenza. Restò sola il tempo necessario stimato dal medico, ricevette una sola visita da parte del pastore, gli confidò che lei ormai era sua, che i suoi genitori erano dentro un suo pugno e che era inutile provare a parlare o raccontare qualcosa, nessuno le avrebbe creduto, nessuno le avrebbe dato aiuto, il suo dovere era quello di ritornare a casa ed essere la stessa e devota credente di prima, e di restare disponibile a partecipare a riservatissimi incontri nel caso al pastore ed ai suoi amici fosse tornata la voglia di fare ciò che le avevano già fatto.
Sara restò ferma ed immobile a guardare il soffitto, senza mangiare e senza bere, in attesa solo di tornare a casa, aveva un unico e solo pensiere: quello di farla finita.
Fuori era freddo, c'era la neve, il pastore dava per certa l'immobilità di Sara in quella casa dell'orrore, non aveva previsto particolari accorgimenti per un'eventuale fuga. Sara non ci pensò due volte, si butto dalla finestra, si fece male ad un piede, ma non provava altro dolore se non quello dell'anima. Vagò per le stradine di campagna, trovò una strada asfaltata, la seguì, arrivò al primo paesino utile, vestita solo di ciò che restava della sua biancheria e del lenzuolo che aveva strappato dal letto. Non vide e non passò nessuno, non era ancora notte fonda quando si fermò in una piazza, volle riposare un attimo, prima di andare a cercare un appiglio, un dirupo, una qualsiasi cosa o situazione che potesse mettere fine alla sua triste vita. Per sua fortuna perse i sensi, quando si risvegliò si trovò intubata in un letto di ospedale, accanto a lei un numero imprecisato di persone, una di queste, una donna elegante, le chiese cosa fosse successo, se ricordava chi fosse e se riusciva a parlare. Non credeva di averne il coraggio, ma ci riuscì, a parlare, a raccontare la sua triste odissea, il suo sogno spezzato di vivere come tutte le altre ragazze. Partirono immediatamente indagini e controlli, c'erano ancora tracce dei suoi aguzzini nel piccolo corpo di Sara, il pastore venne fermato proprio mentre intendeva recuperare Sara assieme ad uno dei quattro amici di sventura, purtroppo degli altri due non si riuscì a fare nulla, uno di loro era un pezzo grosso della prefettura locale. Grazie ad appoggi e coperture di altri confratelli si riuscì ad insabbiare il caso, senza dare la giusta copertura o il giusto risalto che una tragedia del genere avrebbe meritato, il pastore è stato condannato a soli tre anni, forte delle sue amicizie riuscirono a far passare Sara come una ragazza mentalmente instabile. Tra qualche mese il pastore potrebbe essere fuori, molti dei suoi fedeli sono ancora convinti che si trovi a Roma a ricoprire chissà quale importante carica del potere evangelico. Sara non c'è più, la vedi in giro ogni tanto, ma dentro il suo corpo non abita più nessuna anima, vaga da un pò cercando la pace, e pare che dovrà ancora cercare per molto. Sulle altre persone poco si sa, forse erano ancora più ammanigliati del pastore, rimane comunque una storia "raccontata", è tutto ipotetico, è tutto in aria. Ma è una storia che ci andava di raccontare, non si fa altro che sentire di preti pedofili, imam violenti, pastori aguzzini, e poi non so più, il succo è che raccontandola abbiamo voluto sottolineare che chi detiene il potere religioso, qualunque esso sia, detiene un potere che va oltre la religione, e siccome questo è un potere troppo grande per certi uomini, allora ecco che questo potere inizia ad essere deviato, contorto, atroce.
Diventa un potere violento, che può annientare la vita di Sara o di chi per lei, o di tante altre Sara o chi come lei, e non tocca per nulla coloro che di un Dio dovrebbero portare la voce, e invece portano solo la spada, spada che solo Dio potrà loro puntare contro, perchè all'uomo senza potere, questo non è concesso.
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