Post più popolari

sabato 13 agosto 2011

Cinque messinesi più famosi di tutti i tempi: Santa Eustochia

L'undici giugno del 1988 era il giorno del mio tredicesimo compleanno. Quella che doveva essere la mia prima memorabile festa da ballo, è fallita tristemente nonostante il giradischi nuovo, la mia prima campana di luci psichedeliche, l'album Go Jovanotti go fresco di pacco ed i primi dischi house portati in esclusiva a casa mia dal compagno di banco di mio fratello aspirante dj mancato.
Erano tutti alla passeggiata a mare, ad assistere all'avvento di un uomo che, credenti o no, ha lasciato comunque un segno, Karol Wojtyla, ovvero Papa Giovanni Paolo II. Non potendolo inserire per forza di cose nel novero dei cinque messinesi più famosi di sempre, qualora dovessero stilare una graduatoria sui più grandi personaggi di sempre in visita a Messina, di certo il primo posto non avrebbe rivali, la sua visita rimane memorabile nella storia recente della nostra città. Quel giorno, Giovanni Paolo II non era in città per diletto, ma per canonizzare una persona che fuori della nostra città ben pochi conoscono, ma che per ciò che fatto in vita, ma anche per quello che ha fatto dopo, ha spesso fatto gridare al miracolo, diventata santa solo nel 1988, ma per i messinesi lo è sempre stata: Santa Eustochia.
Smeralda Calafato, questo era il suo vero nome, venne al mondo il 25 marzo del 1434, figlia di un ricchissimo mercante messinese, Bernardo Cofino, la cui ricchezza però, non bastava a salvaguardare la famiglia da una delle più grandi epidemie di peste che la nostra città abbia mai ricordato. Per salvaguardare la vita della devotissima moglie, s'incamminarono verso un villaggio in campagna poco distante dalla città, villaggio che oggi è uno dei quartieri più popolati e popolari di Messina, il villaggio Annunziata, nell'unica strada possibile, talmente stretta che si poteva praticare solo a piedi. Lamadre, vinta dalla fatica, il giorno del giovedì santo, curiosa coincidenza, diede al mondo nella mangiatoia di un fattore presente nel tragitto una bellissima bambina bionda.
Bellezza e devozione caratterizzarono la vita di Smeralda già da piccola, al punto che già ad 11 anni, venne promessa sposa ad un ricco mercante trentacinquenne amico del padre, contro il volere della piccola. Questo mercante per fortuna della futura santa, morì dopo due anni, non mancavano comunque gli spasimanti per la bella Smeralda, il padre ed i fratelli erano sempre più risoluti nel cederla sposa a ricchi mercanti anche molto anziani così da poter allargare il loro giro di affari, anche il grande Antonello da Messina restò colpito dalla bellezza della fanciulla, al punto di volerla a tutti costi come modella per la sua Vergine Maria Annunziata. All'improvvisa morte del padre, all'età di quindici anni, Smeralda poteva finalmente coronare il suo sogno, ovvero quello di prendere i voti presso il monastero delle clarisse, monastero in cui la presenza di Smeralda non era certo vista di buon occhio, dato che i fratelli, gelosi ed incattiviti dalla perdita di cotanta merce di scambio, minacciarono di mettere a ferro e fuoco.
Fu così che la nostra Smerlada si recò presso il monastero di Basicò, lontana da casa, all'età di sedici anni, convinta e risoluta sulla via intrapresa, scelse per se la cella più modesta dormendo sulla nuda terra. Ma il monastero di Basicò non era quello che Smeralda immaginava: erano presenti molte consorelle di famiglia agiata messe lì più per obbligo che per vocazione, che a tutto pensavano tranne che a fare le clarisse, lo schifo che Smeralda era costretta a vedere andava oltre la sua immaginazione e devozione, così giovane ma risoluta, condusse una battaglia affinchè il monastero tornasse ad essere quel luogo di preghiera così lontano dalla sua reale collocazione, ma fu una battaglia persa, oltre alle consorelle sbagliate dovette lottare con tutte le più importanti famiglie messinesi e nebroidee, così decise di tornare nella sua città per poter rispettare la sua vocazione.
Dopo anni di dedizione verso i poveri e gli sfortunati, grazie all'aiuto di un facoltoso e devoto parente, nonostante le continue avversioni dei fratelli, Smeralda nel 1464 riuscì a fondare il Monastero di Montevegine, che nonostante ciò che dice Wikipedia, è parte integrante della nostra città e possiamo tutt'ora trovarlo in via XXIV maggio. La chiesa in quel periodo non era al massimo del suo splendore morale, diciamolo pure, il nuovo monastero fu osteggiato da ogni istituzione religiosa, perfino i frati osservanti, ai quali spettava la tutela spirutuale del convento, si rifiutarono di dire messa per quasi un anno. Smeralda, che nel frattempo aveva preso il nuome di Suor Eustochia, andava dritta per la sua strada, scrisse al pontefice che in breve tempo ordinò ai frati osservanti di ristabilire la loro condotta pena la scomunica, e con l'aiuto della madre, di una sorella, e di suor Maria Pollicino, figlia del barone di Tortorici ed irriducibile spalla della santa, Smerlada riuscì a far crescere sempre di più il convento perseguendo un unico obiettivo: l'assistenza ai poveri della città. Si narra di numerosi miracoli già direttamente in vita, non si fermava mai, spesso stanca e debilitata, causa una banale influenza si spense a soli 51 anni il 20 gennaio del 1485.
Le voci dei numerosi miracoli fatti in vita cominciarono a lasciare il segno nelle alte sfere del clero, che approfondirono meglio le ricerche grazie anche ai miracoli che Smeralda faceva anche da morta. Ma la chiesa come ben sapete non ha mai brillato in tempismo, sono passati secoli, e solo dopo il ritrovamento di un manoscritto di suor Maria Pollicino negli anni '40, partì finalmente la causa di beatificazione, per poi concludersi con la definitiva canonizzazione nel già citato 11 giugno del 1988.
Nel frattempo?
Nel frattempo Smeralda continuò ad essere da morta come era in vita. Il suo corpo è incorrotto, gli occhi ancora vivi, le pupille visibili, crescono ancora unghie e capelli, le ossa intatte, i denti bianchissimi. Si può credere o non credere ai miracoli, lei è li, in via XXIV maggio, chiunque può andare a vederla, gli scettici sono pronti a spiegare che è la teca di vetro che fa il miracolo, i devoti rispondono che nella teca di vetro ci sta da 50 anni, prima come ha fatto a conservarsi?
Per la chiesa cattolica non c'è dubbio, è un miracolo.
Per i messinesi, credenti o mento, è un vanto miracoloso, ma ne conosco di persone che non hanno neanche idea di chi sia...
Per noi, nonostante la canonizzazione rimane la Beata Eustochia, la santa che sta in piedi, così la definì Giovanni Paolo II.
Di sicuro non è un'attrazione turistica, nessuno lì fuori vende immaginette o medagliette, non ci passano i croceristi se non per sbaglio, non trovi cartoline nei negozi di souvenir, non viene citata nelle principali guide tascabili che consegnano ai nostri turisti mordi e fuggi.
Di sicuro, appena te la ritrovi di fronte, qualcosa ti sconvolge, e ti invita a riflettere, credente o meno.
Continua ad essere questo il suo più grande miracolo, il motivo per cui anche Giovanni Paolo II per un attimo, ha perso il respiro di fronte a così tanta bellezza.

mercoledì 10 agosto 2011

Cinque messinesi più famosi di tutti i tempi: Stefano D'Arrigo

Ogni tanto da quel baraccone socialnetworkale che è Facebook esce fuori qualche iniziativa interessante. Qualche giorno fa sono stato iscritto al gruppo "Cinque messinesi più famosi di tutti i tempi" (segue link),

http://www.facebook.com/groups/105866246179566/

dove veniva richiesto di menzionare chi a nostro avviso è il personaggio storico messinese maggiormente degno di nota. Io che nel messinesismo ci sguazzo, dopo aver visto un pò di post e di nomi illustri, mi sono stupito di non aver trovato alcuna menzione su quello che è il maggiore scrittore contemporaneo peloritano, quello Stefano D'Arrigo di cui ho postato la foto sopra come potete ben vedere. Mi è venuto quindi spontaneo copiare il link su Wikipedia e linkarlo sulla pagina, così come ho fatto il giorno dopo con Santa Eustochia, personaggi che sono stati ben graditi e dei quali mi è stato chiesto un'opinione personale, così ho provato a documentarmi un pò e vi posso dire che a volte la vita di certe persone sembra già un romanzo, ecco perchè meritano di essere annoverati tra i più grandi messinesi di sempre.
Fortunato Stefano D'Arrigo nacque ad Alì il 15 ottobre del 1919, da una famiglia suppongo modesta, al punto che il padre è dovuto emigrare in America a cercar fortuna. Completa gli studi a Milazzo, e si laurea all'università di Messina nel 1942, avendo svolto nel frattempo il servizio militare tra il Friuli e Palermo. Dopo un breve periodo trascorso a Messina, decide di trasferirsi a Roma dal 1946, dove diventa col passare degli anni uno stimatissimo critico d'arte per i principali quotidiani della capitale, non disdegnando però di scrivere ogni tanto versi, la sua ossessiva ammirazione verso la vita dei pescatori dello stretto, tra Scilla e Cariddi diventa fulcro della sua prima raccolta, il Codice Siciliano pubblicato nel 1957. A sorpresa, il Codice Siciliano vince il Premio Crotone, prestigioso premio letterario molto in voga in quel periodo, che annoverava nella giuria nomi illustri quali Gadda e Ungaretti, che da quel momento in poi sono diventati grandi estimatori dello scrittore messinese. Spinto dalla già citata passione per i pescatori dello stretto, incoraggiato dalla moglie Jutta Bruto (letterata che per stessa ammissione di D'Arrigo risulta fonte di ispirazione e confronto) decide di dedicare anima e corpo alla stesura del romanzo che senza saperlo sarà il romanzo della sua vita, la cui gestazione sembra già di per se romanzata.
Scrive di getto "La testa del delfino" che in breve tempo, prima ancora di essere pubblicato, coglie l'attenzione di Elio Vittorini, che dopo averlo letto più volte suggerisce a D'Arrigo di integrare la storia per renderla più epica, pubblicandone svariati parti sulla rivista letteraria "Menabò" dallo stesso Vittorini diretta. Le attenzioni ricevute spingono la Mondadori a stipulare subito un contratto con D'Arrigo, vorrebbero pubblicare un'edizione integrale del romanzo, che nel frattempo, totalmente revisionato e con l'aggiunta di nuovi capitoli, è pronto ad essere mandato in stampa come "I giorni della fera". Quasi prossimi alla pubblicazione, la Mondadori chiede un ultima revisione delle bozze all'autore, che colto da una mania di eccessivo perfezionismo anzichè consegnare il romanzo in tempi brevi, aggiunge, cambia, sostituisce, strappa e riscrive, arrivando ad un romanzo di quasi 1300 pagine, che non ne vuole sapere di venir fuori. Per fare tutto ciò D'Arrigo perde anni, nei quali smette totalemente di fare il giornalista, smette di scrivere sul Menabò ed altre riviste letterarie, incoraggiato solo dalla moglie continua nella sua oceanica opera di revisionismo, la Mondadori pressa per la consegna, i tempi richiesti dalla casa editrice sono andati a farsi benedire, ma non molla lo scrittore, altre case editirici corteggiano D'Arrigo da tempo, Elio Vittorini stesso lo affianca per lunghi periodi pur di arrivare al più presto ad un'edizione definitiva di quel romanzo, per il quale D'Arrigo mette a rischio la propria integrità fisica e mentale, ma che nonostante tutto non si decide acora di pubblicare.
Il romanzo viene pubblicato infine nel 1975, quasi vent'anni dopo la prima versione, solo che l'attenzione su quanto stava scrivendo D'Arrigo non è mai calata, anzi, lo scrittore diventa vittima di un'eccessiva morbosità da parte delle maggiori testate letterarie, in tutto il mondo aspettano la pubblicazione di quello che dovrebbe essere il punto di unione tra l'Odissea di Omero, l'Ulisse di Joyce e del Vecchio e il mare di Hemingway. Il romanzo verrà pubblicato come Horcynus Orca, è la storia di 'Ndria Cambria, marinaio della Regia Marina che all'indomani dell'armistizio tra il governo italiano e le forze alleate nel 1943, torna nella sua città, Cariddi, che noi sappiamo in realtà a quale zona si riferisce, trovandola totalemente distrutta e cambiata dalla guerra, e con la paura costante di un mostro marino che infesta lo stretto, l'Orcaferone. Non essendo critico letterario non andrò oltre con la descrizione del romanzo, ma è quello che succede dopo la pubblicazione del romanzo che ritengo interessante. In un primo tempo la critica lo stronca, troppo lunga l'attesa per un romanzo che risulta di difficile comprensione, perchè scritto tra il dialetto stretto, un italiano troppo forbito e delle terminologie coniate dallo stesso D'Arrigo per l'occasione, inoltre l'autore si rifiuta di scrivere di suo pugno un glossario anche se viene ripetutamente invitato a farlo dalla casa editrice, l'eccessiva lunghezza è un altro dei punti salienti contro cui la critica si scaglia.
Ma nonostante tutto, il romanzo vende solo con la prima edizione più di 80.000 copie in breve tempo, le successive ristampe anche in versione economica ne sanciscono un successo sorprendente, il romanzo viene richiesto e venduto anche all'estero, anche la critica cambia punto di vista, annoverandolo come uno dei capolavori assoluti e titolo di riferimento dello sperimentalismo italiano. Grazie a D'Arrigo ed alla sua perseveranza, stretto e messinesità fanno il giro del mondo, a distanza di anni non esiste libreria in Italia che non annoveri ancora l'Horcynus Orca tra gli scaffali dei best sellers.
Ciò che ha fatto la fortuna dello scrittore però è stata la fine dell'uomo, un D'Arrigo debilitato, stanco, introverso, si estranea dal mondo ed anche dal successo che lo circonda, finisce di viaggiare tra Roma e Messina stabilendosi apatico e stanco nella capitale, il fervore letterario che si è creato attorno a lui gli scivola addosso e solo dopo più di dieci anni, sul finire del 1985, riesce a pubblicare finalmente un secondo romanzo, più che altro per far contenti gli editori che non se stesso. "La cima delle nobildonne" è un romanzo totalmente diverso dal precedente, scarno, non arriva neanche a 200 pagine, scritto in un italiano irreprensibile forse a volte un pò troppo tecnico, perchè lo ambienta negli ambienti medici, dove un bellissimo ma pericoloso ermafrodito, con ogni mezzo e favorito dai milioni che un emiro innamorato mette a disposizione, fa di tutto pur di diventare donna. Su questo romanzo di più non so, al contrario dell'Horcynus Orca non l'ho mai letto, mi sono basato su ciò che ho trovato sul web anche perchè sembra sia un romanzo quasi impossibile da reperire. Le stesse fonti ribadiscono un riscontro di vendite e di critiche molto lontane dal precedente, però questo romanzo ha comunque un merito: quello di risvegliare D'Arrigo, che si rilancia a piccoli passi nell'ambiente letterario, concentrandosi sopratutto nella trasposizione teatrale del suo romanzo guida, lui che la recitazione ce l'ha nel sangue, avendo partecipato addirittura come attore in uno dei film più importanti del suo grande amico Pasolini, ovvero "Accattone". Partecipa come parte attiva a premi, interviste, si rimette alla scrittura, dichiarando più volte di avere un'altra epica idea per un nuovo romanzo del quale stava preparando le linee guida, pur essendo consapevole di non avere più la forma fisica e mentale per gestire un nuovo Horcynus Orca.
Stefano D'Arrigo muore nella sua casa romana il 2 maggio del 1992, all'epoca i media diedero a questa scomparsa la stessa attenzione data per la morte di autori forse più noti come Moravia, perchè soprattutto tra gli scrittori contemporanei, in pochi sono riusciti a lasciare il segno con un'unica corroborante opera, D'Arrigo forse c'è riuscito, lottando contro le imposizioni di critica ed editori, seguendo fino in fondo il suo progetto, mettendo Messina al centro del suo mondo è riuscito a portarla in giro per il mondo intero, per questo messinesicalmente parlando, ritengo Stefano D'Arrigo un grande messinese, forse non uno dei primi cinque, ma uno scrittore degno di nota come pochi altri.

mercoledì 3 agosto 2011

La storia di quei due


La storia di quei due, di quei due di quelle impronte la, è una bellissima storia d'amore, di quelle da romanzo italiano, complicata ma bellissima come potrebbero scrivere Fabio Volo o Niccolò Ammaniti, solo che loro potrebbero ma non l'hanno fatto, allora quei due questa storia non la leggono, non la scrivono e non la raccontano, semplicemente la vivono, e si tengono per loro i momenti salienti e toccanti, lasciando al prossimo solo un trailer da far venire invidia.
Mi spiace per chi legge e non sa, purtroppo continuerà a non sapere di quei due, perchè la loro storia è un rebus, complicato ma che ha sempre una soluzione, è comica perchè quei due di risate se ne sono fatte davvero tante, è un thriller, perchè una vera storia d'amore ha anche i suoi momenti di suspence e di paura.
E' una storia che è stata talvota drammatica, ma sempre con il lieto fine.
E' una storia difficile, perchè quei due non sono persone comuni, sono persone normali, però in maniera eccezionale.
La storia di quei due oggi compie 5 anni, qualcuno potrebbe dire che nacque dal nulla ascoltando nuvole e lenzuola ad un concerto dei Negramaro, solo che nuvole e lenzuola quella sera l'hanno cantanta almeno 5 volte, non poteva non nascere così, era scritto, ma quei due non l'hanno detto a nessuno.
La storia di quei due nacque col piccio di un pò di persone, siete così diversi dicevano, non arriverete a settembre.
Siete così diversi dicevano, non arriverete a Natale.
Siete così diversi dicevano, non la sueperate l'estate.
In effetti quei due erano così diversi, ma dagli altri però, ed arriva un altro 3 di agosto e quei due avevano già deciso di sposarsi, anche questo era scritto, ma quei due furboni anche questa volta non l'hanno detto a nessuno.
E saputo questo la storia di quei due è proseguita col piccio di un pò più di persone, vi conoscete da così poco tempo voi, ma chi ve lo fa fare?
Non avete abbastanza soldi, ma chi ve lo fa fare?
Non avete abbastanza tempo, ma chi ve lo fa fare?
Quei due sapevano chi glielo faceva fare, lo volevano fare loro, infatti l'hanno fatto, nel frattempo arriva un altro 3 di agosto e loro hanno già tutto pronto per il loro matrimonio, e tanto per cambiare era scritto, ma quei due vanno avanti per la loro storia, e non lo dicono di nuovo a nessuno.
Dopo il matrimonio quei due si accorgono che c'è una piccola comunità in città pronta a distribuire quantità industriali di piccio, se li ritrovano ovunque, in giro per strada, tra i presunti amici, qualcuno anche in famiglia, così tanto piccio che quei due si devono armare di molta pazienza e buona volontà, e riescono a creare uno scudo antipiccio dentro la loro casetta Paradiso protetti dal quale quei due continuano la loro storia da film senza dirlo a nessuno.
Ne succedono di cose, il piccio un pò di danno lo fa, quei due però tirano avanti, e senza ascoltare niente e nessuno si ritrovano in un altro 3 di agosto belli spaparanzati a mare e neri come non mai, giornate di sole mare e granite, cene con bistecche di brontosauro e birra fredda, notti in giro col motorino dalla città alla provincia, quei due non pensavano che anche questo fosse scritto, ma siccome lo era, hanno ritenuto giusto non dirlo a nessuno.
Poi c'era scritto che dall'abbraccio di un week-end francese sarebbe venuto fuori un regalo, quei due avrebbero voluto tacere anche questa volta, ma questo regalo sarebbe stato abbastanza evidente, e così a malincuore l'hanno dovuto dire in giro. Quando la notizia prese finalmente forma ormai c'era un piccolo paese sparapiccio, manco se il piccio lo avesse creato il destino a farmville, ne ha mandate avvisaglie questo piccio, ma quei due ed il loro regalo festeggiavano un altro 3 di agosto in un ristorantino lungo la riviera, dentro la loro cupola immaginavano, programmavano, fantasticavano, in quel momento senza rendersene conto erano quei due che stavano scrivendo, consapevoli di non voler fare leggere nulla a nessuno.
Quei due poi l'hanno scartato quel regalo, nel frattempo il piccio contro di loro era stato approvato all'unanimità dalla camera e dal senato, con voto bipartisan sia da destra che da sinistra, una cosa mai vista nello stato italiano, una nazione intera a buttare piccio, autorizzati dal governo.
Quei due stavolta il colpo l'hanno sofferto, ne hanno scritte di litigate nelle loro storie, ma in fondo c'è scritto anche che si ama litiga, chi si sopporta fa le smorfie e chi si odia si ignora, e quei due ne hanno amore da scrivere, anche perchè adesso quei due sono arrivati a questo 3 di agosto che sono in 3, con una corrazza tecnoandroicofuturistico ologrammatica programmata per combattere la proliferazione di piccio nel mondo, nel loro piccolo mondo di cui quei due ne continueranno a scrivere di cose, sempre cercando di non fare sapere niente a nessuno, sperando che un giorno possa essere anche scritto che se a qualcuno da fastidio la storia di quei due, che si scrivano le loro di storie che quei due piccio non ne mandano a nessuno.
La storia di quei due in sintesi è questa qua, una bellissima storia d'amore dove solo quei due forse ci potranno capire qualcosa, ma in fondo se l'ho scritto è proprio perchè quei due vogliono che sia solo così.

lunedì 1 agosto 2011

Per lei

Per lei sto litigando con il mondo intero, ed è un controsenso, perchè lei regala solo sorrisi dolci.
Per lei ho passato giorni di silenzio dentro me stesso, mentre lei senza parlare i silenzi me li ha sempre riempiti.
Per lei ho passato notti insonni sperando si addormentasse presto e mattine assonnate sperando si svegliasse subito.
Per lei ho rivalutato l'amore che provo verso chi lei me l'ha regalata, pensavo forse già immenso, ed era solo un puntino di ciò che provo adesso.
Per lei sono diventato fan delle sanitarie.
Per lei faccio la barba due volte a settimana.
Per lei ho già scaricato tutti i film della Disney, Trilli compreso.
Per lei divento cretino con una sola smorfia che mi fa.
Per lei riempo il computer di foto e poi ne scatto altre ancora perchè mi sembrano sempre poche.
Per lei ballo da campione Chu Chu ua.
Per lei ho cantato cento volte al giorno Pinocchio.
Per lei sono diventato geloso di lei ed anche di tutte le sue cose, mentre prima lo ero solo di chi lei l'ha fatta insieme a me (anche se nn ci crede :-p)
Per lei vorrei essere l'uomo più danaroso del mondo, ma non il più ricco, perchè con lei lo sono già.
Per lei un solo passo è una conquista e non un passo solo.
Per lei ho pregato un'altra volta.
Per lei ho riempito una casa di colori, ma se dorme in un'altra stanza mi sembra sempre grigia e vuota.
Per lei guardo forzatamente con speranza quel futuro che prima per me era solo un punto interrogativo.
Per lei Hello Kitty anche senza la bocca ha il suo libro di filastrocche e canzoncine.
Per lei ogni novità è un raggio di sole che spunta da un cielo nero nero ma che con lei si allarga ogni giorno sempre di più in un azzurro candido come lei.
Per lei il mare ha plasmato i suoi occhi, che come il mare sono chiari, profondi e immensi.
Per lei anche il giorno più storto è sempre più bello del giorno prima.
Per lei ho ascoltato un milione di canzoni, quella bella che fa per lei non l'hanno ancora scritta e non credo ci riusciranno mai.
Per lei il farfugliare è musica ed il balbettare è poesia.
Per lei mi auguro tutto il bene del mondo, anzi no, il mondo non mi basta, diciamo dell'universo, e come l'universo sarà un bene in espansione.
Per lei potrei continuare a scrivere all'infinito, ma sarebbe tempo perso, perchè è più bello viverla che scriverla.
Per lei non dedico solo queste parole, ma la mia vita intera.